Il
bianco della tazza da the spiccava in bell'evidenza
sul tavolino di marmo rosso, in sottofondo una soave
musica di Mozart, sulla mia sinistra un bel gatto
tigrato addormentato sul tappeto orientale; una lieve
brezza di maggio faceva vibrare le foglie dell'immensa
pianta, per me tropicale, mai vista, tutt'attorno
alla pianta un cespuglio di menta spandeva nell'aria
un odore forte.
Lei mi versò il the e disse:
- "Nel pomeriggio è salutare gustare un
the caldo, non trova?"
- "Sì", risposi, "grazie",
mentre pènsavo che a quell'ora non avevo mai
bevuto il the, che anzi prendo solo in inverno inoltrato
e solo se sto poco bene.
- "Finalmente si è deciso ad accettare
il mio invito, sa lo sapevo che lei è diverso
dagli altri che mi evitano, credono che sia una iettatrice
portatrice di malocchio e disgrazie varie, tutti si
toccano passando davanti casa mia, lei no?"
- "No io lo faccio solo quando sono eccitato",
replicai, ma mi pentii subito di averlo detto, così
mi scusai per la volgarità.
- "Non fa nulla sa, è normale, dunque
lei non è superstizioso, bene ne sono felice,
sarà l'occasione per scambiare due parole ogni
tanto, le dispiace?"
- "Oh no anche a me fa piacere parlare con qualcuno
di tanto in tanto, qui non conosco nessuno, mi distraggo
leggendo alla libreria di Pegacity.
- "Da quale località viene, sostituisce
il portalettere, vero?"
- "Sì, tre mesi di supplenza dei quali
uno è già passato; io sono invece di
Librizzi in provincia di Messina, un piccolo paesino
di collina."
- "E dove vive, in pensione? Paga molto?"
- "Sono in mezza pensione e pago 800.000 al mese,
quasi mezzo stipendio."
- "Sono degli approfittatori, le faccio io una
proposta: venga a stare qui da me, la casa è
grande ed io sono sola, ho ottanta anni suonati e
comincio a soffrire la solitudine
sa, non le
costerà nulla."
- "Signora, lei mi prende un po' alla sprovvista,
non so che dirle."
- "Ci pensi con calma e se lo riterrà
opportuno la stanza è sempre qui e stia tranquillo
che non attenterò alla sua privacy, l'avverto
però che ho la reputazione di strega che ormai
è come un marchio e siccome tutti mi evitano
faranno di tutto per tentare di dissuaderla dal venire
qui."
Sorrisi, finii il mio the e poi chiesi incuriosito:
"Che tipo di pianta è questa?"
- "Non lo sa? E' la pianta del pistacchio, il
suo nome è Pistacchia."
- "E non ha frutti?"
- "Oh, non fruttifica mai; è una questione
di impollinazione: ci vuole una pianta maschio ogni
otto femmine, questa è sola, poverina."
- "E' maschio o femmina?"
Lei sorrise, "non lo so, proprio non lo so."
- "Bene", risposi, "arrivederci."
Ripresi a distribuire la posta nel rione delle arti
(troppa posta ricevono gli artisti!) senza riuscire
a dimenticare quella tenera vecchietta e quel dolce
sapore del the caldo, un po' troppo zuccherato, ma
un signore dal fare scorbutico con un grosso porro
sul naso mi riportò alla mia triste condizione;
ero stanco, sudato e in un posto che neanche conoscevo.
- "Che modi sono questi, alle cinque del pomeriggio,
chi cerca
che cavolo rompe
io cerco di
riposare e lei suona, non compro nulla, vada via!"
- "Mi scusi io non sono un venditore, sono il
sostituto del postino."
- "Cosa? E distribuisce la posta a quest'ora,
mi risulta che si faccia di mattina."
- "Lo so, ma purtroppo per me non riesco a smaltire
il lavoro arretrato e poi non conosco il posto, le
vie, le persone: i rioni sono tanti a Pegacity!"
- "Bene", riprese con un sorriso che mostrò
i suoi denti ingialliti dal tabacco, "venga dentro
che le offro da bere, avrà certo sete."
Superai quella soglia come sollevato, aveva cambiato
tono, era gentile ed io avevo sete, quel the mi aveva
procurato una forte arsura.
- "Ecco, beva", mi disse davanti una bevanda
che aveva il colore di una palude africana. Guardandomi
perplesso disse:
- "Beva, beva pure: è un the alla menta,
un bel the freddo alla menta di mia produzione."
Il pensiero corse di nuovo alla vecchietta, ma bevono
tutti the qui, pensai mentre cominciavo a bere rassegnato.
Anche in questo caso era la prima volta che bevevo
un the freddo, non era una mia bevanda abituale.
Bevvi piano e devo dire che era molto dissetante,
mi sentii sollevato e rinfrancato; consegnai la posta
e poi me ne andai.
Alla pensione quasi piansero per me appena dissi loro
che a fine settimana sarei andato via e proprio lì
mi informarono che altre persone che avevano accettato
l'ospitalità della strega erano sparite nel
nulla: mi dissero che dovevo essere impazzito e per
farmi desistere da quell'idea mi abbassarono di 200.000
lire la pensione, dovevo restare lì se volevo
restare vivo.
Chiesi la prova di quanto affermavano: per esempio,
nessuno lavora per lei, mi riferirono, eppure ha un
parco ben curato!
- "Un parco? Un piccolo giardino davanti alla
casa", dissi.
- "No, proprio un parco all'interno della villa",
io ho visto solo la facciata davanti..
- "Una villa con centinaia di stanze, come fa
una vecchietta sola a pulirla se non con l'aiuto dei
demoni?"
- "Ma fate i seri", ripresi, "lo fa
con l'aiuto di Dio, è in buona salute e non
facendo altro può anche farli da sola quei
lavori.
Mi portarono la nonna che era coetanea della strega
e mi raccontò di strani rumori, strane luci,
voci e pianti di bambini sentiti per anni, circa 40
anni prima e a tutte le ore, strani movimenti e ombre
notturne poi si susseguono da anni. E poi la spesa
che fa!
- "Che cosa compra di così strano?"
- "Rossetti, ombretti, smalti, profumi, scarpe
di misura 38, calze, vestiti femminili taglia 50,
assorbenti
e l'abbiamo tenuta d'occhio: non
si trucca e non ha mai messo nulla di ciò che
per anni ha comprato. Fa la spesa per più persone,
non può assolutamente mangiare tutte quelle
cose!"
- "Beh, ha un gatto".
- "Compra anche il cibo per gatti e ai tempi
che sentivo il pianto comprava cibo per bambini, vestitini,
giocattoli come se in quella casa ci fosse davvero
un bimbo."
- "Beh", dissi io, "non credo che ci
sia nulla di così diabolico, sarà un
po' fissata, magari ama la stramberia.
- "Senta", disse infine la vecchia, "dirò
a mio figlio di prenderle solo 500.000 lire per questi
due mesi, ma non vada lì nel modo più
assoluto."
Chissà perché io, invece, ho sempre
fatto l'opposto di quello che gli altri si aspettavano,
fin da ragazzo; così decisi che sarei andato
lì, dovevo farlo non per i soldi, ma perché
sentivo dentro di me qualcosa che mi spingeva a farlo.
Bussai deciso a quella porta, lei mi aprì
con un sorriso.
- "La aspettavo", disse, "Venga le
mostro la sua stanza."
Dappertutto c'erano mobili, bellissimi stucchi, mosaici
e sui muri dei quadri Bellini, però moderni,
così chiesi: "Sono belli, ma chi li fa
e con quale tecnica?"
- "Si chiama trompe l'oeli, le dirò chi
li fa un'altra volta."
Poi mi portò in quella che doveva essere la
mia stanza: un letto, un armadio sempre in stile antico
e sulle pareti quadri con ballerine in tutù,
copie perfette delle ballerine del grande Degas.
- "Questa è la sua stanza, in fondo a
sinistra c'è il salone, ci riuniamo tutti lì
per la cena."
Uscì con un lieve inchino.
Le corsi dietro nel corridoio
"Senta!",
lei si voltò facendo una piroetta.
- "Sì !?"
- "Lei.. lei ha detto ci vediamo tutti?
- "Certo caro, tutti, io, lei e tutti i fantasmi
di questa casa", sorrise e se ne andò.
Mi sentii gelare il sangue nelle vene, un fremito
di paura mi assalì, una gocciolina di sudore
dalla nuca scese sulle natiche facendomi sussultare;
che diamine ripetei a me stesso, scherzava, avrà
uno spiccato senso dell'humour.
Disfeci la mia valigia, riposi i capi nell'armadio,
udii quasi per caso la musica a bassissimo volume
che proveniva dal piano superiore, la solita musica
di Mozart.
Mi venne voglia di vedere il salone, così mi
mossi in quella direzione. Appena vi entrai, sulla
parete centrale vidi un'immensa opera di circa 20
metri per 10, raffigurante una copia in scala maggiore
de "I Girasoli" di van Gogh, mentre sulla
sinistra un'altra tela raffigurava "Il prosciutto
di Manet", anch'essa però era di dimensioni
maggiori, forse 3 metri per 4; tutt'attorno poi c'erano
tele con vari dipinti che a prima vista non sono riuscito
ad identificare.
Mentre assorto ammiravo quei quadri, in verità
perfetti, una dolce voce femminile molto sottile disse:
- "Buonasera, vedo che apprezza i miei quadri"
Mi girai e rimasi senza parole: una donna alta circa
1 m. e 50, sui 30/35 anni, molto in carne, con sandali
da francescano, gambe massicce e pelose come quelle
di un uomo, con una gonna a pieghe molto ampia a fantasia,
un top verde pisello che evidenziava un seno enorme.
Il viso sembrava una maschera di Pierrot, ma truccato
male e in modo eccessivo: mi sembrò di rivedere
l'uomo del the alla menta.
Ero esterrefatto: era una visione, era lui oppure
sua figlia con quel porro enorme sul naso?
- "Lei è Nunzio, vero? Piacere, Prisca."
Ho la reputazione di avere grandi mani, ma le mie
le avvolse completamente in una stretta decisa ed
energica, poi disse:
- "Ho tanto di quel tempo disponibile che per
farlo passare dipingo, lo faccio da quando ero bambina."
- "E' brava", le dissi, "ma fa solo
copie?"
- "Oh, no. Amo molto gli impressionisti e li
copio, ma ho anche uno stile mio, anzi due per essere
più precisa."
- "Come due?"
- "Venga."
Mi prese la mano e mi trascinò felice su per
le scale, nonostante la mole e le gambe corte e tozze
saliva le scale di corsa e mi trascinò dietro
a sé.
Giunti al piano superiore mi fece attraversare un
corridoio lunghissimo; in fondo, da una piccola finestra,
filtrava una tenue luce, fuori era quasi buio.
Dopo aver attraversato ambo i lati e non so quante
porte, giungemmo alla meta; spalancò una porta
sulla nostra sinistra e mi buttò dentro, poi
finalmente mi lasciò la mano che mi faceva
un male boia.
- "Guardi, guardi" e volteggiò per
l'enorme stanza come una danzatrice da lago dei cigni.
Era una stanza di almeno 50 metri quadri, nel soffitto
un'unica opera: un cielo azzurro, credo ci fossero
tutti i volatili del mondo nei loro colori migliori.
Sulle pareti fiori, insetti, pesci, piante, uno spettacolo;
non sapevo dove guardare prima mentre lei rideva felice
e solare.
Senza mentire le dissi che era un genio, che era un
lavoro meraviglioso.
Mi stampò un bacio sulla guancia.
- "Grazie", disse d'impeto, "Oh mi
scusi, ma sa mai nessuno mi dice che sono brava."
- "Non fa niente", risposi.
- "Bè venga adesso deve vedere l'altro
mio stile" disse diventando triste e seria.
Uscimmo sul corridoio, la porta di fronte era già
aperta: all'interno quadri orribili, mostri, animali,
deformi, diavoli, streghe.
Alzai gli occhi al soffitto e vidi un cielo nero e
cupo con migliaia di serpenti che mi sembrò
stessero precipitandomi addosso, mi prese la paura
e una gran voglia di fuggire via.
Ma ero in trappola, lei era sulla porta, ferma, immobile,
fissava un punto di fronte a lei, un quadro con dei
fiori appassiti e frutta marcia.
Due grosse lacrime le solcarono il viso sciogliendo
gran parte del trucco della maschera che aveva disegnata
sul volto, fino ad arrivare sul top verde.
Di colpo il top si trasformò da verde in vari
colori, quella che arrivò sul pavimento diventò
invece una macchia tra il viola ed il rosso sangue
in cui sguazzavano come anguille dei vermi orribili,
cacciai un urlo!
Lei fuggì via lasciando libera l'uscita, in
me rimase solo un pensiero: fuggire via da quella
casa.
Saltai fuori e corsi in quel corridoio interminabile;
stavo per precipitarmi giù per le scale quando
mi si mise davanti un uomo che, vedendomi trasalire,
si scusò.
- "Mi perdoni se l'ho spaventata", disse
"non volevo."
- "Lei chi è?" chiesi.
- "Basco Eutitio, prof. Di disegno, pittore e
scultore, piacere. Sa, insegno a Prisca le tecniche,
è brava vero? A Parigi i suoi quadri sono ben
quotati."
- "Quali? Quelli con i mostri?
- "Ah glieli ha fatti vedere entrambi?"
- "Sì entrambi"
- "Sa, lei è il primo al quale lei ha
permesso di guardare i suoi due mondi completamente
opposti, quello interiore e quello esteriore, povera
ragazza è sola triste, brutta, anzi orribile.
Ma quanti di noi sono belli fuori ed orribili dentro?
Eppure l'aspetto esteriore domina troppe volte le
nostre misere vite."
- "Lei vive qui professore?"
- "Certo, da 30 anni."
- "Da trenta anni?"
- "Si, sa ero un promettente prof. di disegno,
ma ero solo riuscito a fare qualche supplenza quando
la signora mi contattò: dovevo dedicarmi ad
una bambina di 10 anni con tendenze artistiche; con
una paga elevatissima, vitto, alloggio e 300 milioni
all'anno per 30 anni.
Domani scade il mio contratto."
- "E anche il mio", disse una voce dietro
di me.
Mi voltai piano e vidi una donna di circa 50 anni,
ben curata ma strabica e con il corpo un po' incurvato.
- "Le presento la dottoressa e professoressa
Rufina Maiela, laureata in lettere, lingue, storia,
filosofia e qualche altra laurea, nonché mia
moglie."
- "Piacere", disse "anche io vivo qui
da 30 anni e la storia è quasi la stessa, solo
che la paga è diversa, la mia infatti è
di 500 milioni all'anno; l'unica pecca è stata
una norma del contratto che ci impediva di farci vedere
dagli abitanti del paese, ma il gioco valeva la candela."
- "Adesso dobbiamo andare, ricchi e felici, sì
felici, ci siamo incontrati qui anni fa e più
che altro era la nostra solitudine ad unirci, ma ora
ci amiamo davvero."
- "Come mai adesso ve ne andate?"
- "Prisca ormai non ha più bisogno di
noi e poi si sposa e va a vivere a Parigi."
- "Bene, un bel cambiamento da Pegacity a Parigi,
ma sono molto ricchi?"
- "Certo, erano già ricchi di famiglia,
una delle caste più antiche della Sicilia,
negli ultimi anni hanno guadagnato miliardi speculando
in borsa e con azioni varie delle più grosse
società mondiali."
- "Ed il padre di Prisca chi è? Dov'è?"
- "E' una brutta storia: molti anni fa un losco
individuo del paese ha abusato della signorina che
da quello stupro rimase incinta e purtroppo Prisca
è l'esatta copia del padre. Lei nascose tutto,
nessuno è al corrente dell'esistenza di Prisca,
neanche quell'uomo sa di avere una figlia.
Scendiamo ora, la cena sarà sicuramente pronta."
Giunti nel salone la tavola era imbandita in modo
regale. La signora era felice, seduta a capotavola,
mancava Prisca che aveva preferito mangiare in camera
sua.
Mangiammo totalmente in silenzio, si sentiva solo
il nostro masticare ed il rumore delle posate che
intonava nell'enorme salone.
Appena finimmo, la signora mi chiese di ascoltarla
attentamente per conoscere il motivo della mia presenza
lì; agli altri chiese di rimanere per fare
da testimoni sia all'accordo sia al matrimonio.
- "A quale matrimonio?"
- "Ma a quello suo con Prisca!"
- "Il mio ?!?"
- "Si, la proposta è la seguente: lei
si sposerà Prisca ed andrete a vivere a Parigi.
Lei in cambio otterrà un miliardo subito ed
un miliardo all'anno per ogni anno trascorso con Prisca.
Loro saranno i tutori di Prisca: visto che sono i
padrini di Prisca, sia di battesimo che di cresima,
saranno anche i testimoni; non vivranno con voi, ma
mensilmente Prisca li contatterà e ne potrà
disporre liberamente.
Se non ci saranno figli e lei dovesse sopravvivere
a Prisca, sarà tutto suo: un patrimonio che
oggi si aggira sui 340 miliardi. Se invece lei lascerà
Prisca o divorzierà perderà tutto."
- "Ma
io sono senza parole
"
- "Bè non dica nulla adesso, starà
qui un mese e poi mi darà la risposta.
Buonanotte, e ci pensi bene."
Ritornai nella mia stanza dopo aver salutato i professori.
Mille mostri popolarono il mio dormiveglia, finché
all'una decisi: non avrei sposato quella povera donna,
non avrei rinunciato agli occhi belli della mia Maria,
la mia dolce ragazza che avevo lasciato al paese e
che non vedevo da due mesi. Non c'erano miliardi che
potessero convincermi, di vita ce n'è una sola
e bisogna viverla al meglio, forse senza lussi, ma
almeno con serenità.
Preparai le valige ed in punta di piedi cercai di
uscire; sul portone al buio cercai la maniglia, accovacciato
a terra c'era il gatto, non lo vidi ma lo sentii dopo
avergli pestato la coda, poiché emise un urlo
e mi graffiò una gamba.
In strada respirai forte, finalmente ero libero. Ritornai
con passo da maratoneta verso la pensione voltandomi
spesso per assicurarmi che nessuno mi seguisse.
Giunto alla pensione fu come tornare alla realtà:
due ragazzini fermi su un motorino si baciavano molto
teneramente.
Varcai la porta, dietro il banco non c'era nessuno:
la chiave della mia stanza era il numero 7, la presi
e corsi su. Caddi sul letto esausto e mi addormentai.
Il sole mi svegliò con il suo tepore; guardai
l'orologio, erano le 7.20. Uscii sul balcone: davanti
a me la campagna appariva rigogliosa.
Scesi giù in fretta, dovevo spiegarmi con i
proprietari.
- "Buongiorno, ben alzato."
- "Ieri sera sono rientrato all'una e, non trovando
nessuno, sono andato a dormire."
- "Come al solito, è normale."
- "Sa, vorrei riparlarle delle 500.000 lire mensili."
- "Non so proprio di cosa stia parlando!"
- "Io ho deciso di restare ed accetto la vostra
offerta di sconto."
- "Sconto? Che sconto, di cosa parla, si è
alzato strano stamattina."
Risposi: - "E' vero, mi scusi, stanotte ho dormito
proprio male."
- "Colpa vostra, voi giovani andate a letto troppo
tardi."
Gli feci un cenno con la mano ed uscii. Procedevo
verso la porta confuso
avevo dunque sognato
tutto? Dovevo scoprirlo a tutti i costi. Rifeci il
giro verso quella casa finché la notai; esisteva!
Più mi avvicinavo e più l'ansia mi assaliva.
Giuntovi di fronte vidi l'enorme Pistacchia secca,
uno scheletro, attorno la nuda terra senza menta.
Ritornai verso la casa del the alla menta, anche quello
faceva parte del sogno o forse era realtà.
Giuntovi trovai una casa diroccata, semicoperta dai
rovi e da un enorme albero di eucalipto.
Lì non abitava nessuno da tanti anni
eppure lo avevo bevuto lì un the alla menta!
Più confuso che persuaso cominciai a convincermi
di aver davvero sognato tutto, ma mentre smistavo
la posta, nel raccogliere delle buste che mi erano
cadute, notai la mia gamba graffiata.
