IL
CIMITERO DEGLI INGLESI A TESTACCIO
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Il
Cimitero degli stranieri acattolici residenti a Roma, si
raggiunge imboccando la Via Caio Cestio e man mano ci si
avvicina si percepisce il fascino emanato dai suoi cipressi
e pini, che avvolgono il luogo in un silenzio pieno di voci!
Non potrebbe essere diversamente per quello che altro non
è che il Cimitero degli artisti e dei poeti, che
decisero di rimanere per sempre nella Città Eterna!
In ogni nome scolpito sulle facciate marmoree delle tombe,
si ritrova la spiccata nota romantica che avviluppa il luogo
al punto tale che Shelley esclamò durante una sua
visita al luogo in questione:"
.può tale
bellezza far desiderar la morte!"
Il Cimitero attuale si compone di due parti distinte tra
loro da un muro ed un fossato; nella parte moderna troviamo
proprio il grande poeta inglese Percy Byshe Shelley, morto
annegato appena trentenne sulla spiaggia di Viareggio.
Il vecchio Cimitero, che rappresenta il primo campo concesso
dal governo papale nel 1722, per la sepoltura dei protestanti
entro la cerchia delle mura della città, è
sicuramente quello più suggestivo e ricco di fascino!
Le Tombe, ispirate a motivi dell'antichità classica,
sparse ai piedi di colossali cipressi, hanno un fascino
unico, che spiega la fama di quest'angolo, che potrebbe,
a mio avviso, rappresentare il luogo più romantico
e suggestivo di Roma.
All'estremità del Cimitero vecchio, la tomba di un
altro giovanissimo poeta inglese, John Keats, che, ingiustamente
denigrato dai suoi contemporanei volle che sulla sua tomba
fosse inciso soltanto: `"Qui giace uno il cui nome
fu scritto sull'acqua".
La tomba in questione è sempre ornata di margherite,
per espresso desiderio lasciato scritto da questo grandissimo
poeta!
Anche Gramsci è sepolto in una piccola tomba del
Cimitero degli inglesi, sul cippo si leggono solo le parole:"
Cinera Gramsci"
Alla uscita dal cimitero ci si trova davanti alla collina
di Testaccio sormontata dalla Croce; caratteristica dei
questo rilievo consiste nel fatto che è nato in seguito
all'accumularsi di anfore rotte nella zona degli Horrea,
i grandiosi magazzini annonari in cui si depositavano i
prodotti alimentari di tutto il mondo, che affluivano a
Ostia e poi giungevano a Roma per via fluviale.
La Croce, a sua volta , rievoca le manifestazioni religiose
del Medioevo, quando la zona era meta di mesti pellegrinaggi,
mentre il campo sportivo che è ai piedi della collina
si riconnette alla tradizione delle feste grandiose che
si svolgevano sui Prati del Popolo Romano, tra il Testaccio
e l'Aventino. Celebri quelle della nobiltà, che vi
svolgeva magnifici tornei con l'intervento del Papa e dell'intera
corte pontificia. Non meno celebri quelle del popolo, in
cui i giocatori, forniti dai vari rioni e dai comuni vicini,
affrontavano animali selvatici inferociti, le cui carni
erano, poi disputate dalla plebe, mentre !e spese dello
spettacolo erano a carico della comunità israelitica.
L'annuncio della festa era dato dalla campana maggiore del
Campidoglio, e al suo appello tutto il popolo accorreva
alla giostra formando un grandioso corteo, preceduto dalle
autorità civili e religiose. La sua maggiore attrattiva
era alla fine dello spettacolo, quando dal punto più
alto del colle venivano lanciati a precipizio dei carri
trascinati da tori inferociti e i giocatori dovevano assalirli.
Queste feste si svolsero ai piedi della collina fino alla
seconda metà del Quattrocento, fin quando, cioè,
non si ritenne opportuno spostarle verso la nuova via del
Corso e verso Piazza Venezia, dove era sorto il grande Palazzo
di Paolo II Barbo, I'attuale Palazzo Venezia.
Da allora il nome del Testaccio è legato soltanto
alle vignate, le famose ottobrate del popolo romano, in
cui si spillava il vino depositato nelle grotte scavate
nelle anfrattuosità della collina artificiale.
Laura Scafati
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