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Dopo le proteste per il modo con cui ha assunto i mezzi di prova, Pilato rientra al Palazzo per proseguire il processo che in fondo considera già deciso.
Più che altro perché a disagio chiede a Gesù "Tu, di dove sei?" Ma non ottiene risposta.
L'atteggiamento dell'imputato, che il prefetto intende aiutare contro i suoi connazionali, lo irrita.
" Non mi parli? "Non sai che ho il potere di liberarti ed il potere di crocifiggerti?"
Con tale minaccia Pilato riesce a spezzare il silenzio di Gesù, che, invece di andargli incontro, gli rende manifesto quali siano i termini autentici del suo potere" Non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo ha una colpa più grande chi mi ha consegnato a te!"
Non vi sono molte scene nella letteratura mondiale che mostrino con maggiore efficacia il problematico rapporto tra diritto e potere come questo passo del Vangelo secondo Giovanni ( 19,7 - 11).
I moduli espressivi ed il pensiero del quarto evangelista hanno contribuito forse in misura maggiore dello scarno resoconto dei tre sinottici a far sì che le immagini del processo a Gesù da quasi duemila anni si presentino vive agli occhi dei cristiani, che abbiano costantemente ispirato scrittori, pittori e musicisti.
Al di là dell'effetto plastico, è indiscutibile che per un numero infinito di esseri umani, che avevano subito i soprusi del potere e ai quali era negata giustizia, il proprio destino si rifletteva nelle scene archetipiche del processo e della crocifissione di Gesù, dalle quali traevano conforto.
Il racconto della passione proposto dai quattro evangelisti acquista il suo significato storico universale per il fatto che in un certo senso rappresenta l'atto costitutivo di una religione alla quale oggi aderisce un terzo dell'umanità.
Siamo tutti consapevoli che gli eventi descritti ebbero luogo nella provincia romana della Giudea quando a Roma governava l'imperatore Tiberio e la provincia stessa era amministrata dal Prefetto Ponzio Pilato.
Fonti non cristiane, in particolare gli Annali di Tacito (XV, 44,3) confermano che Cristo fu condannato da Ponzio Pilato e che la crocifissione era una pena prettamente romana e non ebraica.
Il racconto della passione proposto da Marco è il più breve, il più semplice e probabilmente il più antico.
L'evangelista dovrebbe averlo scritto circa una generazione dopo la morte di Gesù, basandosi oltre che sulla tradizione orale su documenti scritti.
Giovanni si avvicina al resoconto storico introducendo dei testimoni oculari: dopo l'arresto e la consegna al pontefice, uno dei discepoli che conosceva quest'ultimo, ebbe la possibilità di entrare nel cortile ( Gv18,15).
Questo testimone risulta anonimo al pari di colui che vide che dal costato trafitto con la lancia usciva sangue ed acqua, la veridicità di questa testimonianza è particolarmente sottolineata dall'evangelista ( Gv 19,35).
Le critiche suscitate dalla testimonianza degli evangelisti sono determinate dalle contraddizioni esistenti all'interno di ogni singolo Vangelo come pure fra i vari Vangeli.



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