17.06.2002
IL THE ALLA MENTA
Il bianco della tazza da the spiccava in bell'evidenza
sul tavolino di marmo rosso, in sottofondo una soave
musica di Mozart, sulla mia sinistra un bel gatto
tigrato addormentato sul tappeto orientale; una lieve
brezza di maggio faceva vibrare le foglie dell'immensa
pianta, per me tropicale, mai vista, tutt'attorno
alla pianta un cespuglio di menta spandeva nell'aria
un odore forte.
Lei mi versò il the e disse:
- "Nel pomeriggio è salutare gustare un
the caldo, non trova?"
- "Sì", risposi, "grazie",
mentre pènsavo che a quell'ora non avevo mai
bevuto il the, che anzi prendo solo in inverno inoltrato
e solo se sto poco bene.
- "Finalmente si è deciso ad accettare
il mio invito, sa lo sapevo che lei è diverso
dagli altri che mi evitano, credono che sia una iettatrice
portatrice di malocchio e disgrazie varie, tutti si
toccano passando davanti casa mia, lei no?"
- "No io lo faccio solo quando sono eccitato",
replicai, ma mi pentii subito di averlo detto, così
mi scusai per la volgarità.
- "Non fa nulla sa, è normale, dunque
lei non è superstizioso, bene ne sono felice,
sarà l'occasione per scambiare due parole ogni
tanto, le dispiace?"
- "Oh no anche a me fa piacere parlare con qualcuno
di tanto in tanto, qui non conosco nessuno, mi distraggo
leggendo alla libreria di Pegacity.
- "Da quale località viene, sostituisce
il portalettere, vero?"
- "Sì, tre mesi di supplenza dei quali
uno è già passato; io sono invece di
Librizzi in provincia di Messina, un piccolo paesino
di collina."
- "E dove vive, in pensione? Paga molto?"
- "Sono in mezza pensione e pago 800.000 al mese,
quasi mezzo stipendio."
- "Sono degli approfittatori, le faccio io una
proposta: venga a stare qui da me, la casa è
grande ed io sono sola, ho ottanta anni suonati e
comincio a soffrire la solitudine
sa, non le
costerà nulla."
- "Signora, lei mi prende un po' alla sprovvista,
non so che dirle."
- "Ci pensi con calma e se lo riterrà
opportuno la stanza è sempre qui e stia tranquillo
che non attenterò alla sua privacy, l'avverto
però che ho la reputazione di strega..... continua
>>
17.06.2002
Il vampiro
Attraversare il giardino al buio non gli aveva mi
dato fastidio, ma questa volta un certo timore aveva
cominciato ad assalirla appena fuori del cancello
quando, la strada a tratti solitaria e a tratti buia,
si apriva davanti a lei come un tunnel pieno di mistero.
Camminava per la strada girandosi ad ogni passo come
se già immaginava che presto le sarebbe successo
qualcosa di terribile. Cercava di passare sempre nei
tratti dove c'era più luce ma, quando dovette
imboccare il vialetto non illuminato, la paura le
impedì di muoversi, era bloccata, non riusciva
a camminare per il terrore.
Ela, una ragazza di 16 anni, aveva sempre percorso
quella strada per andare al bar dove lavorava senza
paura ma, ora, ora era terrorizzata all'idea di dover
camminare da sola in quella strada buia e deserta.
Ma la sua paura era più che fondata: un vampiro
la stava seguendo da quando aveva lasciato la casa.
Ela era giovane e bella ma molto esile, una facile
preda, dunque, dei vampiri.
Finalmente si decise ad imboccare il vialetto, ma
proprio in quel momento il vampiro uscì allo
scoperto; la bloccò e poi le morse il collo
succhiandole tutto il sangue senza lasciarne nemmeno
una.
Quando ebbe finito, il vampiro se ne andò
lasciando Ela a terra. Dopo il ritrovamento del corpo
ci fu una breve indagine ma il caso fu archiviato
per mancanza di prove, nessuno riuscì mai a
capire le ragioni della misteriosa morte.
Ambra Francucci
14.01.2002
Sono un ragazzo di Rocca San Casciano, ridente località
collinare della provincia di Forlì e volevo
segnalarvi una storia che, almeno da parte mia, ha
trovato una clamorosa smentita.
A Rocca, nel parco pubblico, esiste una vecchia costruzione
che viene chiamata "La Colonia", in quanto
ospitava dei ragazzini durante la stagione estiva.
In un'estate di diversi anni fa, si dice che una bambina
sia disgraziatamente caduta nel fiume sottostante,
morendo annegata.
Il fatto esoterico: Durante le notti di luna piena,
allo scoccare della mezzanotte, chiunque si trovasse
nei pressi della casa, udirebbe, a dire di alcuni
miei compaesani, la bambina piangere e, di sottofondo,
rumore di catene rimanenedo stordito.
La mia esperienza: Era l'anno 1988 ed era un sabato
sera di metà luglio, sul tardi. Io ed altri
due miei amici eravamo nella parte retrostante la
Colonia a far due chiacchiere in attesa che si facesse
mezzanotte a sedere su una vecchia panchina e non
accadde assolutamente niente, ma io vi chiedo di verificare
comunque questo fatto della bambina perchè
è una storia che gira da molto tempo (faccio
notare che la struttura è in disuso dalla fine
degli anni ' 60).
Un saluto e a presto
08.09.2001
IL Mazapegul
Lo studioso Giovanni Fantaguzzi, in una cronaca
cesenate del 1400, racconta di un folletto innamorato
di una giovane massaia e dei dispetti che era solito
procurare al suo catino. Il mazapegul si innamora
delle giovani di casa, le insegue, scompiglia loro
i capelli, si insinua sotto le sottane, salta sui
letti impedendo alle fanciulle di respirare; è
geloso, vendicativo; lascia orme di gatto, vive in
camera da letto, nelle stalle, dove disturba gli animali.
Indossa un berrettino rosso che appoggia sull' orlo
del pozzo di casa quando è in procinto di entrare;
è invisibile ma, talvolta, può mostrarsi.
Spesso si associa la sua presenza al vortice del vento
"e fulet". Numerosi gli accorgimenti prodotti
dagli abitanti delle campagne per tenerlo lontano
dalle abitazioni : dal forcone posto sotto al letto
o nelle stalle, all' inevitabile ricorso al sacerdote-esorcista
capace di riportare la perduta tranquillità
all' interno del focolare domestico.
Angela Barlotti
08.09.2001
L'indistruttibile Ponte del Diavolo
Molti riminesi avranno sentito nominare l'antico Ponte
di Tiberio con l'appellativo di "Ponte del Diavolo";
anche la tradizionale Festa del Borgo di San Giuliano
diede vita ad alcune manifestazioni legate a questa
insolita nomea dell'antico ponte romano. Una delle
iniziative più eclatanti fu l'esposizione di
un imponente carro mascherato da diavolo, posizionato
all'imboccatura del ponte. L'appellativo è
legato al mito di indistruttibilità di cui
nei secoli il Ponte di Tiberio si è fatto scudo.
Iniziato dall'imperatore Augusto nel 14 d.C. fu completato
dal figlio Tiberio nel 21d.C. Dal suo ultimo costruttore,
questo mirabile esempio di tecnica romana, prese il
nome e si rivestì della leggenda che ancor
oggi accompagna le sue millenarie pietre. Ci vollero
ben sette anni a Tiberio per portare a terminare la
costruzione del ponte di Ariminum, iniziata dal padre.
Durante questi anni, risultò molto difficile
riuscire a continuare l'opera. I lavori procedevano
molto a rilento perché ogni qual volta che
si costruiva un nuovo pezzo del ponte questi crollava
o comunque non riusciva bene. Sembrava un'opera edilizia
destinata a non vedere mai la luce e a minare la gloria
dell'imperatore fin quando egli, dopo aver pregato
invano tutti gli dei giocò l'ultima carta rimastagli
e interpellò l'unico essere soprannaturale
che poteva metterci lo zampino. E ce lo mise davvero.
Tiberio invocò il diavolo e, pregandolo di
venire in suo aiuto fece, con il signore dell'oscurità
il seguente patto: egli avrebbe costruito il ponte
ma in cambio si sarebbe preso l'anima del primo che
lo attraversava. All'imperatore non rimase che accettare
e il diavolo si mise subito all'opera. Il ponte fu
costruito nel giro di una notte; bello, solido e imponente,
stava lì, ad aspettare che lo si attraversasse.
Venne il momento dell'inaugurazione e il corteo ufficiale
era pronto per la parata quando all'imperatore venne
in mente come liberarsi di quello scomodo patto col
diavolo. Tiberio ordinò che, in segno propiziatorio,
prima di tutti, sul nuovo ponte, dovesse passare un
cane. Così fu fatto e il diavolo, che aspettava
la sua anima sull'altra sponda del ponte, rimase a
bocca asciutta. Satana, schiumante di collera per
essere stato buggerato così malamente, decise
di vendicarsi all'istante e buttare giù il
ponte di Tiberio. Calciò più volte con
ira sulla pietra da lui posata, ma niente da fare.
L'aveva costruito indistruttibile e nemmeno lui poteva
distruggerlo. Così se ne dovette andare...
con le pive nel sacco, ma a testimonianza di questo
episodio rimangono alcune impronte caprine impresse
su di una delle grosse pietre poste all'inizio del
ponte sul lato che guarda la città. C'è
di vero che questo ponte romano si è guadagnato
la fama d'indistruttibile rimanendo in piedi per quasi
venti secoli, sopportando per tutto questo tempo il
via vai del traffico cittadino e assolvendo "senza
fare una piega" alle sue quotidiane funzioni.
Molti nel corso della storia vi arrecarono danni o
tentarono di abbatterlo, inutilmente. I bombardamenti
della Seconda Guerra Mondiale si accanirono particolarmente
con questo importante ponte di comunicazione ma non
riuscirono a scalfirlo. Che sia veramente opera del
diavolo?
Angela Barlotti
08.09.2001
La leggenda dei frati... lazzaroni
La leggenda di cui parliamo oggi è collegata
con la storia del Convento delle Grazie. Sempre di
questo luogo e soprattutto dei suoi frati si parla;
le zone prese in considerazione da questa antica leggenda
popolare sono Covignano e Rimini... legate tra loro
da un misterioso destino, più che altro da
misteriosi quanto intriganti cunicoli: le famose "gallerie
dei frati di Covignano". Come sia nata questa
diceria non ci è dato saperlo, ma una cosa
è certa in fondo a ogni credenza vi è
sempre del vero; difatti esistono realmente una serie
di gallerie sotterranee scavate nel terreno sabbioso
su cui tutti camminiamo da secoli che partono dalla
zona del Santuario Mariano più conosciuto della
nostra città e arrivano fino alla medievale
Piazza Cavour. Il fatto che andremo a narrare questa
volta non può essere né totalmente smentito,
né pienamente confermato, come leggenda vuole.
Posso ricordare che fin da bambina ho sempre sentito
parlare da amici e parenti, della storia dei frati
che nel Medioevo, dal Colle di Covignano scendevano
di notte fino in città attraverso gallerie
segrete e sbucavano in piazza nientemeno che... per
rapire le fanciulle! Come ogni buona storia piena
di mistero, intrigo e colpo di scena che si rispetti,
la nostra poteva svolgersi solo nel Medioevo, tempo
oscuro in cui tutto si poteva se coperti da una tonaca
o da una ricca veste. Qualcuno della zona mi ha detto
che vicino ai frati ci sono delle grotte, da bambino
le andava a esplorare ma non è mai riuscito
a scoprire dove portano perché sono state murate.
Chi dice sbuchino in piazza dalla Fontana della Pigna,
chi dalla statua del papa; queste misteriose e forse,
antichissime grotte sotterranee lunghe chilometri,
fanno ormai parte dell'immaginario riminese. Probabilmente
furono usate dai signori della città per scappare
e rifugiarsi al sicuro in caso di pericolo, oppure...
"La fanciulla nella candida veste da notte fu
sollevata dal suo letto da due braccia possenti e
massicce. Il frate più anziano la portava tra
le braccia abbandonata in un sonno senza sogni e uno
più giovane dall'aria piuttosto spaventata,
lo seguiva da vicino tutto trafelato, guardandosi
intorno continuamente in modo circospetto. Era notte
inoltrata e il buio della medievale "Piazza dé
Revenderoli", oggi conosciuta come Piazza Cavour,
favoriva bene quegl'inconsueti rapitori che lesti,
s'infilarono da una porticina laterale nell'antica
chiesa di S. Silvestro, anticamente situata nella
zona centrale della piazza, dove oggi sorge la statua
di Paolo V (creduto da tutti S.Gaudenzo patrono della
città). Lì, attraverso una botola segreta
si calarono giù per una rudimentale scala di
pietra e portarono il loro prezioso carico lungo una
galleria scarsamente illuminata da qualche torcia
che sembrava non finire mai. Camminarono per parecchio
tempo sottoterra, attraversando tutta la città.
Il passo di fratel Bartolomeo era rallentato dal peso
dell'imponente mole, degli anni e del dolce fardello,
ma nonostante i segni di evidente affaticamento dell'anziano
frate, il più giovane Adalgiso si rifiutò
di aiutarlo. Egli era già abbastanza terrorizzato
per l'aver dovuto prendere parte a quell'ignobile
ratto clandestino. Era stato scelto dal suo superiore
e non aveva potuto rifiutarsi, ma non voleva sporcarsi
le mani ulteriormente. Stava ancora redarguendo il
suo compagno d'avventura sui poteri della collera
divina, quando arrivarono in vista dell'uscita di
quella tetra galleria. Si mossero furtivi nel buio
del giardino, poi aprirono una pesante porta di legno
per ritrovarsi in uno scantinato buio e maleodorante,
pieno di botti e barili vari. Dalle cantine risalirono
verso i corridoi del convento e finalmente si ritrovarono
in una delle sale con il soffitto dalle volte a crociera.
Lì dentro li aspettavano un gruppo di confratelli
che alla vista dei due esclamarono in coro "In
nome di Dio, ce l'avete fatta anche questa volta!
Bravo fratel Bartolomeo!" ed egli oramai esausto
posò la ragazza sulla prima panca che gli capitò
sottomano. Un frate dalla faccia rubiconda e la tonsura
spelacchiata, le tirò su la testa e le fece
bere una strana mistura da una ciotola di legno; a
causa di questo movimento repentino la cuffia che
le ricopriva il capo, evidentemente allentata, scivolò
via e scoprì una fluente massa di capelli rossi.
"Ah, sventura!" urlarono i presenti. La
giovane, ancora intontita dalla sostanza soporifera
che le avevano fatto inalare, si rinvigorì
un poco con quella bevanda dal sapore rinfrescante
e incominciò a stropicciarsi gli occhi. In
quel mentre, una voce possente si alzò sopra
il brusio di tutte le altre presenti nella sala ed
esclamò "A quanto pare, questo anno avremo
una Vergine dai capelli fulvi! Stolti! Vi siete andati
a cercare la malasorte con le vostre istesse mani!".
Padre Severo, l'Abate del convento, era entrato all'improvviso
nel refettorio e li aveva colti sul fatto. Il povero
Adalgiso tremava tutto come un coniglio, improvvisamente
si prostrò ai piedi dell'Abate chiedendo umilmente
perdono e strillando "L'avevo detto io che non
era cosa da fare! Io non volevo, Padre... lo giuro,
non volevo!". L'alta e magra figura di Severo
si abbassò quel tanto che gli permise di toccare
la testa del giovane novizio con aria paterna e comandargli
di alzarsi "Alzati figliolo, so come si sono
svolti i fatti... è un ben noto e triste racconto
il tuo, ma io porrò fine a questa pericolosa
tradizione che dura già da troppi anni, prima
o poi ci porterà guai seri con gli abitanti
di Rimini. Iddio ha voluto che sceglieste la giovine
sbagliata per avvisarvi del suo malcontento. Questo
è un funesto presagio...i capelli rossi sono
il simbolo delle forze del male, portano iattura.
Un simile affronto proprio dentro le mura del nostro
sacro rifugio. Via, via! Beneditela e portatela via!
Questa fanciulla non è amata da Dio e non potrà
mai impersonare la Vergine Maria". Intervenne
fra Bartolomeo più contrito che mai "Ma...
Padre, come faremo a rappresentare l'avvenimento che
ricorda il miracolo dovuto alla Madre di Dio e a cui
dobbiamo la nascita del nostro convento, senza l'aiuto
di una fanciulla vergine? Domani è il giorno
della ricorrenza e come ogni anno, la giovane prescelta
dovrà impersonare la Vergine Maria nella nostra
sacra rappresentazione commemorativa. Agilulfo e Zenobio
non stanno nella tonaca, all'idea d'impersonare gli
angeli che apparvero al pastore Rustico, in questo
bosco. Chi impersonerà la Nostra Signora delle
Grazie?" "Una statua!" rispose quello
con fare deciso "una bellissima statua lignea
che ho già commissionato a Mastro Agostino.
Domani, al cantar del gallo verrà condotta
qui al convento, mentre voi - puntò il dito
verso i due rei - stanotte, riporterete questa fanciulla
nel suo letto. Frate Anselmo le farà bere la
sua "pozione della scordanza" come alle
altre figliole e non ricorderà niente. Porrò
fine a un sacco d'insulsaggini, come quella di celebrare
questa nostra bellissima rappresentazione vivente
in forma segreta. D'ora in poi tutta la cittadinanza
verrà invitata ad assistere al nostro evento
e potremo chiedere a chi vorrà di parteciparvi.
Se vorremo nuovamente una giovane a impersonare la
Vergine Maria saranno lei e la famiglia a dare il
proprio consenso e tutto si svolgerà alla luce
del sole, ma soprattutto sotto gli occhi di Dio. Così
sia." e così venne fatto; per tutti i
secoli a venire, anche se... quelle famose gallerie
che uniscono Covignano con il centro di Rimini furono
usate ancora, per chissà quanti scopi. Noi
abbiamo dato solo una possibile versione dei fatti.
Chi ci dice che non sia andata proprio così?
A Rimini tutto è possibile!
Angela Barlotti
08.09.2001
Crustumium L'atlantide romagnola
Della mitica città sommersa nel mare di Cattolica
si parla ormai da diversi secoli, ma sembra rimanere
per tutti un evanescente miraggio. C'è chi
afferma di averla vista e di questo troviamo autorevoli
testimonianze sin dai primi secoli dopo il mille,
e chi dice senza dubbi che è solo una montatura,
una leggenda popolare e tra questi troviamo personaggi
altrettanto credibili quali studiosi e archeologi
dei nostri tempi.
Rimane il fatto, tremendamente affascinante, che da
centinaia di anni, moltissime persone che hanno solcato
le acque nei pressi di Cattolica, giurano di aver
visto sott'acqua a poche miglia dalla costa, soprattutto
con il mare calmo e la bassa marea, resti di mura
e di torri. I pescatori e tutta la popolazione della
zona sostengono che si tratti di una millenaria città
sommersa da un cataclisma. I primi affermano di aver
più volte agganciato le loro reti in mastodontici
macigni e alcuni sommozzatori si sono trovati davanti
ai loro occhi attoniti una intera città sotto
l'acqua. Mura possenti, torri, statue e palazzi dagli
eleganti colonnati, sembra possedesse la mitica Crustumium.
Questo il nome originale dell'ipotetica città
sorta vicino all'omonimo fiume da cui prese il nome,
oggi conosciuto come Conca. Esistente già nel
V secolo perché citata da un autore latino
di quell'epoca, l'antica città fu sicuramente
distrutta da un cataclisma naturale, molto frequenti
a quei tempi. Probabilmente tutta la costa di allora
subì un mutamento geologico e s'inabissò.
Subì la stessa fine della sua gemella d'oltreoceano,
la ancor più mitica Atlantide, ma se di questa
rimangono solo racconti leggendari racchiusi nella
fantasia di ogni uomo, della sua sorella romagnola
testimonianze molto tangibili accerterebbero la sua
possibile esistenza. Innanzitutto la vicina zona costiera
è conosciuta come terra di abitati romani,
lo stesso mare ha frequentemente restituito alla luce
diversi reperti oggi custoditi nel pregiato Antiquarium
di Cattolica, a sua volta antico vicus romano. Quindi
il luogo imputato è fortemente sospetto. In
secondo luogo, ma non di minor importanza, ci sono
le numerose ed equivalenti testimonianze umane perpetuate
da ieri a oggi: tutti quanti, studiosi o semplici
curiosi, dicono di aver scorto sott'acqua alla profondità
di mezzo braccio, resti di mura e di torri. Da allora
si è sparsa la credenza che in quelle acque
così vicine alla costa, nei tempi antichi sia
sprofondata in mare una città conosciuta comunemente
con il nome di Conca. Sulle cause disastrose che la
fecero scomparire ai nostri occhi, oltre alla più
accreditata ipotesi del terremoto, c'è chi
sostiene, traendo spunto da un'altra lontana leggenda
orientale e dalle numerose presenze di anguille giunte
dalle valli di Comacchio in Adriatico (almeno nel'600),
che il cataclisma avvenne per opera dell'uomo, il
quale tagliò via un monte per aprire un canale
di sbocco per i pesci, e il mare si mangiò
tutta la zona. Affascinante realtà o miraggio
collettivo, rimane ancora un mistero da scoprire...
un mistero che ha veramente dell'incredibile, un mito
che si fonde in leggenda e si perde da secoli tra
le onde del mare Adriatico, a due passi dalla famosa
Riviera della Notte. Può rimanere solo leggenda?
Alcuni anni fa, un paio di amici che praticano immersioni,
mi hanno raccontato di aver visto nel mare vicino
a Cattolica dei resti di un'antica città sommersa,
davanti a loro si trovavano torri, mura, colonne,
statue e palazzi. Non hanno avuto dubbi e si portano
ancora questa coinvolgente esperienza nella memoria.
Chissà... un altro miraggio collettivo, frutto
della fervente fantasia dei romagnoli?
Angela Barlotti
08.09.2001
Caterina Sforza e l'orgoglio padano
Non è certo che fosse Lorenzo il Magnifico
a ordire la congiura che costò la vita a Girolamo
Riario signore di Imola e di Forlì. Dieci anni
dopo la congiura dei Pazzi che avrebbe dovuto condurre
Firenze sotto Sisto IV, suo nipote Girolamo Riario
veniva trucidato dalla famiglia Orsi. La moglie Caterina,
incinta di sette mesi, venne fatta prigioniera, ma
con uno stratagemma riuscì ad asserragliarsi
in una rocca rimastale fedele. I congiurati minacciavano
di uccidere i figli di Caterina che avevano tenuto
in ostaggio: ella, che stava riposando, uscì
in camicia, coi piedi scalzi e i capelli sciolti.
Ritta sui merli del castello ascoltò i congiurati
e i propri figli Ottaviano e Cesare che la imploravano
di arrendersi per evitare loro la morte. Caterina
li osservò, sollevò la tunica agitata
dal vento e gridò: "Ho qui lo stampo per
farne degli altri!". La fierezza di Caterina
era quella che aveva meritato al suo bisnonno Muzio
Attendolo di Cotignola il soprannome di Sforza. Il
figlio di quest'ultimo, che aveva sposato la figlia
di Filippo Maria Visconti, di nome Bianca, era divenuto,
dopo la breve parentesi della Repubblica Ambrosiana,
Duca di Milano.Caterina, illegittima, nacque da Galeazzo
Maria Sforza durante il regno di Francesco. Della
bellezza altrettanto leggendaria di Caterina vi è
un'eco nella Madonna col bambino in trono, Angeli
e Santi che si può vedere fra i begli stucchi
del coro della Chiesa di Santa Maria degli Angeli
a Brisighella. Questa cittadina dette i natali a Dionisio
Naldi, che fu comandante di tutte le fanterie della
Repubblica di Venezia nel periodo felice nel quale
(sembra incredibile!) sulle rocche della Romagna sventolava
il Leon rosso e oro, fu anche al servizio di Caterina:
e a Brisighella si dice ancora oggi che Marco Palmezzano
dipingesse il volto della Madonna ritraendo Caterina
Sforza. Il quadro, dove la delicatezza e lo splendore
del viso lasciano veramente capire quale fascino potesse
esercitare Caterina, fu dipinto nel 1520, 11 anni
dopo la sua morte. Ancora vivo doveva essere il ricordo
nella mente del pittore che certamente la conobbe
alla corte di Forlì e che le era coetaneo.
Caterina era "di gran statura, bianca e colorita,
bellissima e generosissima" riporta un cronista
fiorentino registrando la sua morte. Caterina ebbe
come secondo marito Giovanni De' Medici il popolano.
Il figlio che gli diede, Ludovico, si chiamò
poi, dopo la morte del padre, Giovanni e passò
alla storia col nome di Delle Bande Nere. Famosissimo
e coraggiosissimo soldato trovò la morte dopo
la battaglia di Governolo che vide trionfare i Lanzichenecchi
imperiali di Görg von Frundsberg, il più
grande soldato del mondo, caro alla memoria dei patrioti
europei. Il figlio di Alessandro VI, Cesare Borgia
detto il Valentino, calò sulla Romagna nel
1499. Caterina si difese strenuamente ma infine, asserragliata
nella Rocca di Ravaldino, dovette arrendersi dopo
16 giorni di assedio. Prigioniera fu condotta in catene
d'oro a Roma in Castel Sant'Angelo, del quale era
stato governatore il suo primo marito: vi rimase un
anno e mezzo. Alessandro VI (Papa del quale si dovrà
un giorno cessare di ripetere le trite sciocchezze
e far di nuovo splendere la grande figura di teologo),
che aveva tenuto a battesimo il suo primo figlio,
le concesse di raggiungere Firenze, di cui era cittadina.
Qui, conducendo infine una vita estremamente devota,
morì a 46 anni, il 28 maggio 1509. La sua fama
è tuttora vivissima in Romagna dove i racconti
si intrecciano sulle sue conoscenze farmaceutiche,
alchemiche e magiche, discepola del misterioso speziale
di Forlì Ludovico Albertini; sulla sua spietata
crudeltà nel vendicarsi della morte del primo
marito, ma soprattutto di quella del suo secondo compagno
(che non sposò), un soldato di Imola. La sua
uccisione fu ripagata con torture e stragi persino
di donne e numerosi bambini.Imola dedica ora a Caterina
una bella e agile mostra curata da Learco Andalò.
Documenti originali, dipinti, medaglie, consentono
di calarsi in Romagna, alla fine del '400, tra le
pieghe della turbolenta vita di Caterina. Spiccano
tra gli altri oggetti il meraviglioso ritratto di
Lorenzo di Credi già ritenuto raffigurante
Caterina (che qui indossa però un abito fiorentino).
Un manoscritto mai prima d'ora esposto, contenente
gli "experimenta" di Caterina trascritti
forse direttamente dai suoi ricettari autografi. Vale
veramente la pena di visitare la mostra e ammirare,
inoltre, numerose lettere e documenti, originali dell'epoca,
che scandiscono e riportano in vita tanti episodi
della sua vita. Dipinti del periodo della signoria
di Caterina in Romagna, medaglie, ceramiche. Ritratti
dei famosi personaggi che conobbe, dal Valentino a
Machiavelli. Questa mostra ripresenta organicamente
la vita di una donna la cui memoria, come dicevamo,
è vivissima in Romagna. Il suo fantasma appare
in numerosi castelli e palazzi nei quali visse. Armata
di lancia e saettando razzi di fuoco, a mezzanotte,
esce dal castello di Piancaldoli, nella valle del
Sillaro e nella Rocca di Brisighella dove la si vede
a cavallo da un colle all'altro. Innumerevoli volte
è stata vista e sentita nel castello di Dozza,
presso Imola e di Brisighella nella Rocca.Questa donna
bellissima, versata nella cabala e nell'ermetismo
(a lei Lucio Bellenti astrologo di Siena dedicò
il "De Astrologica Veritate" nel 1498),
amante favolosa, spietata fino al parossismo nella
vendetta, incapace di provare paura, fu posta nel
1912, colta nell'alzarsi le gonne, a modello nel "Manifesto
della donna futurista" coraggiosa, ardita, lussuriosa,
guerriera e dedita al futurismo della specie.Ma lasciamo
che siano le sue stesse parole a raffigurarcela. Le
parole che questa fiera padana rivolse, nel rifiutarsi
ancora una volta di arrendersi, al Valentino. Parole
da meditare per chi ancora oggi combatte per proteggere
la Patria: "E se pur non cedendo le armi, non
macchiando con la vigliaccheria il nome mio, dei miei
figli e degli Sforza, sarò vinta dalla vostra
più numerosa e più potente armata, sappiate
che oltre alla stima dei miei soldati mi sarà
di conforto il sapere che chi cade sul campo di battaglia
non è vero che muoia, poiché la morte
nulla può sulla sua memoria".
di Alessandro Ortenzi
08.09.2001
Cari amici, la prima cosa che mi viene spontanea è
farvi i complimenti per lo splendido sito dedicato
al mistero e all'occulto. Vorrei raccontarvi una serie
di fatti inspiegabili che da anni ormai si verificano
nella mia città, Massa-Carrara. Dovete sapere
che questa è una città non molto grande
e perciò le voci si espandono in men che non
si dica: nel Viale Roma, una strada principale dove
il traffico è abbastanza intenso, ogni notte,
o quasi, appare una bellissima figura di donna che
ha tutt'intorno un'aurea iridescente di luce bianca.
Molti giurano si tratti di una presenza celestiale,
benefica e che non ha nulla a che vedere con fantasmi
e figure spaventose o inquietanti. Tra le tante testimonianze
una in particolare mi ha colpito, quella di un signore
sulla quarantina che racconta "Quella sera, saranno
state sì e no le undici e mezza, stavo tornando
a casa dal lavoro quando ho scorto sul lato della
strada una donna molto bella e sorridente che chiedeva
un passaggio. Io mi sono fermato e l'ho fatta salire:
era vestita di una tunica bianca e ai piedi aveva
dei sandali color argenteo.Ho fatto in tempo a scorgere
il suo viso delicato e luminoso che mi ritrovai a
guardare nel vuoto..."
L'uomo dopo ha aggiunto che di fianco a lei tutto
gli sembro calmo e avvolto in una nube di serenità...
08.02.2001
Guardai
l'orologio e il quadro degli orari, mancava ancora
mezz'ora all'arrivo dell'intercity da Torino. Ero
giunto alla stazione di S. Lucia con molto anticipo
perché mi sentivo veramente in ansia. Volevo
avere il tempo di prepararmi, diciamo così,
spiritualmente, per dominare l'emozione, per mostrare
sicurezza. Sapevo che quando si passa dal virtuale
al reale la delusione può essere profonda,
come in chat ripetevano tutti e come avevano scritto
anche molti giornali. E questo, in fondo, era un po'
quello che mi aspettavo. Ma volevo, per quanto mi
riguardava, dare il meglio di me, preferendo, naturalmente,
essere io deluso di lei, piuttosto che lei di me.
Non sono mai stato uno di quelli che, appena contattano
una donna in chat, non desiderano altro che incontrarla.
Ho sempre pensato che il mondo virtuale consenta fantasie,
sogni, abbellimenti che la realtà non può
in alcun modo possedere. Però con lei, con
Melba35, ormai chattavo da tre mesi. Ci eravamo detti
tutto di noi.
Io sapevo che lei aveva quarantasette anni, che lavorava
in una grande azienda, con incarichi anche importanti,
che era divorziata, che aveva un figlio e che viveva
da sola. Continua
27/12/2000 ore 12.20
Si era smarrito nella tormenta,
su questo non aveva alcun dubbio e sua moglie malata
era rimasta in casa, sola, al freddo, ad aspettare
il suo ritorno. Si era stato imprudente anche troppo,
ma in casa era finita la legna e lei aveva bisogno
di stare al caldo, così era uscito, aveva messo il
giaccone pesante, preso la ascia da boscaiolo e nonostante
non si vedesse a pochi passi si era avviato nel bianco
e gelido turbinare. Poco fuori di casa un tratto ghiacciato
lo aveva tradito, un lungo lento scivolare per il
declivio e poi l'urto contro un masso. Aveva perso
i sensi, forse per poco tempo ma sufficiente per far
si che il cielo scurisse ed ora non sapeva in che
direzione era la casa, con la notte il gelo sarebbe
aumentato e di sicuro non sarebbe arrivato al mattino,
ma non era questa la sua preoccupazione maggiore,
bensì quella per la donna che avrebbe atteso a lungo
sino a morire anche lei in quella casa sperduta ed
ormai gelida. Cercò di capire dai segni sulla neve
da quale parte fosse scivolato, ma il breve tempo
di incoscienza e la tormenta rabbiosa avevano già
cancellato ogni traccia, aggirarsi freneticamente
come stava già facendo sarebbe servito solo a peggiorare
la situazione, oltretutto la notte si avvicinava rapidamente
ed il fioco luccichio delle stelle non l'avrebbe aiutato
di certo a ritrovare la strada...... Continua
DUCA LUCIFERO
25/10/2000 ore 20.10
Matera…città, credo conosciuta da molti cittadini
di questo pianeta, in apparenza sembra una città …come
tutte le altre,…ma…sino a che punto?…molti di voi
si chiederanno!!!! …ah!!!! Dimenticavo una cosa abbastanza
importante….In questa città, cioè la "mia" città,
(mi ha dato i natali…45 anni fa) ho vissuto la mia
infanzia , nella casa dei miei nonni materni, posta
in una via del centro storico . I nonni e precisamente
mio nonno, sin da piccolo ,- come tutti i nonni -,
ha iniziato a raccontare le favole come si fa con
tutti i bambini …per tenerli buoni!!! Fra le tante
favole che mio nonno mi raccontava, c'è ne una, che
non definirei propriamente tale, poiché era più che
altro una segnalazione che lui mi faceva ogni volta
che passavamo per una zona …allora periferia di Matera…(ora
quasi centro!!!) "Vedi"…mi diceva,…in quella casa
dalle finestre annerite dal fumo,….c'è il "diavolo"!!!!!
A quell'epoca consideravo quanto mi diceva mio nonno,
come un'arma per intimorirmi…e farmi stare buono…(da
piccolo devo ammettere, sono stato abbastanza vivace
ma simpatico e mai scostumato, come del resto tutti
i bambini di quell'età!) Man mano che sono cresciuto,
questa segnalazione è andata sempre più enfatizzandosi,
tanto da avere conferma da mio padre (che purtroppo
ora non c'è più…!!!) il quale aggiungeva che quella
casa, era (ed è. A tutt'oggi ) chiamata …"il Casino
del diavolo", in quanto, mi diceva che, tanto ma tanto
tempo fa,….passando nelle vicinanze della casa ,…si
sentiva suonare una musica ……!!!!! Sarà vero!!!?????
Resta comunque il fatto che il buon 90% dei materni
…CREDE a questa …leggenda, tanto da indurre un operatore
turistico (mio amico ristoratore…da generazioni) ad
aprire un ristorante denominato appunto…………!!!! (non
scrivo il nome per non fare pubblicità). Il Ristorante
sorge attualmente a pochi metri da quella "casa" dalle
finestre annerite dal fumo…che nonostante oggi non
esista più…c'è gente che ogni volta che passa di lì…sente
ogni tanto le note di una musica……MISTERIOSA!!!!!
VITO PAPAPIETRO (Matera)
15/10/2000 ore 20.51
Somma Vesuviana(Napoli) fittasi villa ( cosi' e' scritto
fuori al > cancello), ma a quanto pare essa non e'
cosi' tranquilla come puo' sembrare, infatti qualcosa
di strano avviene. tutte le persone che volevano fittarla
sono scappate la prima notte, perche' volava di tutto:
piatti, bicchieri, stoviglie, pentole ........, insomma
una guerra invisibile. ancora oggi in data 15/10/00
nessuno osa avvicinarsi .
Suggestione, oppure fenomeni paranormali? lascio a
voi la scelta .
Paolo R. (Napoli)
14/10/2000 ore 17.10
E' passeggiando tra le vie di Roma , tra i suoi vicoli
silenziosi, tra le piazze mute della notte profonda
che puoi sentire………… E' solo allora che Roma stessa
non ti distrae, non ti inganna la mente con i suoi
rumori e il suo frastuono. E' quello il momento in
cui anche il romano distratto ritrova la sua magica
città. Scanzonato ed ironico, irriverente e dissacratore
scorda i suoi misteri, i suoi morti, i suoi spiriti.
Roma bella dalle luci soffuse, con un po' di umidità
e un filo di vento. Camminando immerso in privati
pensieri puoi sentirti improvvisamente urtato da qualcosa
che non riesci bene a vedere; può sembrarti di sentirti
chiamare; puoi pensare di non essere solo. Roma è
abituata ai suoi fantasmi. Quasi non se ne accorge.
Forse ognuno ha il suo spirito privato e non ne parla.
Eppure…… Eppure passando per Lungotevere Prati nei
pressi della Chiesa dedicata al Sacro Cuore del Suffragio
,prestando attenzione, potresti ascoltare e sentire
la voci delle anime del Purgatorio che notoriamente
visitano quella Chiesa a richiedere ........ Segue>>
Maria Vittoria Pesce ( Roma)
14/10/2000 ore 16.57
Sono Angela, una ragazza di 17 anni che vi scrive per
raccontarvi un fatto che mi diceva sempre mia nonna,
spero vi possa interessare , mi piacerebbe vedere il
mio nome sul portale….scusate la faccia tosta! Allora,
mia nonna da bambina viveva in campagna vicino Palestrina,
paese vicino Roma. A quei tempi, tanti anni fa, si usava
fare il pane in casa e due volte la settimana, le donne
della casa si riunivano per cuocerlo. Mia nonna, era
molto veloce ad impastarlo e dava volentieri una mano
a chi rimaneva indietro. Tra le sue parenti, c'era una
zia molto antipatica, che le strillava sempre e quando
vedeva mia nonna così brava nell'impasto faceva del
tutto per rallentarla. Dopo un po' di tempo, questa
zia muore e una bella mattina mentre mia nonna stava
facendo il pane, improvvisamente ha sentito delle mani
invisibili bloccarle i polsi e cercare in tutti i modi
di rovinargli la pasta del pane. Presa da una grande
paura, ha pensato subito a questa zia e gli ha detto
una preghiera, da quel momento la cosa non si è più
ripetuta. Grazie un saluto a tutti
Angela da Subiaco
05/10/2000 ore 13.32
Il mio nome è Francesca e vi scrivo da un paese situato
nella provincia di Vercelli. Mi rivolgo a voi per
narrarvi il mistero che avvolge un ex stabilimento
idroterapico, che sorge a soli due chilometri dal
Santuario d'Oropa. Questo stabilimento, fino agli
anni ottanta era molto famoso ed uomini illustri vi
si recavano per fare le cure termali: purtroppo, nel
1985 fu distrutto da un violento incendio. Le maestranze
preposte al controllo dei danni subiti dall'immobile,
trovarono all'interno un altare, numerosi disegni
satanici e scritte inneggianti al diavolo. Ancora
oggi, le persone che abitano nelle vicinanze asseriscono
di sentire degli strani rumori e di vedere delle figure
misteriose ed incappucciate camminare all'interno
dell'edificio. L'unica cosa certa, per quanto mi riguarda,
che molti, come me, evitano di passare davanti a questo
palazzo infestato tanta è la paura di subire delle
conseguenze!
Francesca
30/09/2000 ore 14.12
Questo fatto che sto per raccontarvi me lo narrava
molti anni fa mia nonna , che da bambina viveva in
un Casale denominato poi degli Spiriti", situato a
Roma all'inizio della panoramica su piazzale Clodio.
Mia nonna era la figlia del fattore del casale e ci
viveva insieme a tutta la sua famiglia agli inizi
del 900. Lei affermava di essere l'unica, che percepiva
delle presenze strane all'interno della propria abitazione
ma non riusciva a spiegarsi cosa in realtà fossero.
Si sentiva toccare le braccia e le mani, percepiva
un respiro molto affannoso accanto a lei; di notte
udiva dei lamenti e dei pianti e voci di un uomo ed
una donna che discutevano senza che si riuscisse a
comprenderne le parole. Ma il fatto che, malgrado
fossero passati molti anni, ancora l'angosciava era
che quando andava al letto guardando il soffitto vedeva
una mano monca che reggeva un candelabro a 5 braccia!!!!
Molti anni dopo, questo casale venne soprannominato
degli " Spiriti" ma nessuno ha mai svolto delle ricerche
per controllare la veridicità di tali presenze inquietanti.
Anonimo