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RACCONTI MISTERIOSI

 

17.06.2002
IL THE ALLA MENTA

Il bianco della tazza da the spiccava in bell'evidenza sul tavolino di marmo rosso, in sottofondo una soave musica di Mozart, sulla mia sinistra un bel gatto tigrato addormentato sul tappeto orientale; una lieve brezza di maggio faceva vibrare le foglie dell'immensa pianta, per me tropicale, mai vista, tutt'attorno alla pianta un cespuglio di menta spandeva nell'aria un odore forte.
Lei mi versò il the e disse:
- "Nel pomeriggio è salutare gustare un the caldo, non trova?"
- "Sì", risposi, "grazie", mentre pènsavo che a quell'ora non avevo mai bevuto il the, che anzi prendo solo in inverno inoltrato e solo se sto poco bene.
- "Finalmente si è deciso ad accettare il mio invito, sa lo sapevo che lei è diverso dagli altri che mi evitano, credono che sia una iettatrice portatrice di malocchio e disgrazie varie, tutti si toccano passando davanti casa mia, lei no?"
- "No io lo faccio solo quando sono eccitato", replicai, ma mi pentii subito di averlo detto, così mi scusai per la volgarità.
- "Non fa nulla sa, è normale, dunque lei non è superstizioso, bene ne sono felice, sarà l'occasione per scambiare due parole ogni tanto, le dispiace?"
- "Oh no anche a me fa piacere parlare con qualcuno di tanto in tanto, qui non conosco nessuno, mi distraggo leggendo alla libreria di Pegacity.
- "Da quale località viene, sostituisce il portalettere, vero?"
- "Sì, tre mesi di supplenza dei quali uno è già passato; io sono invece di Librizzi in provincia di Messina, un piccolo paesino di collina."
- "E dove vive, in pensione? Paga molto?"
- "Sono in mezza pensione e pago 800.000 al mese, quasi mezzo stipendio."
- "Sono degli approfittatori, le faccio io una proposta: venga a stare qui da me, la casa è grande ed io sono sola, ho ottanta anni suonati e comincio a soffrire la solitudine… sa, non le costerà nulla."
- "Signora, lei mi prende un po' alla sprovvista, non so che dirle."
- "Ci pensi con calma e se lo riterrà opportuno la stanza è sempre qui e stia tranquillo che non attenterò alla sua privacy, l'avverto però che ho la reputazione di strega..... continua >>

17.06.2002
Il vampiro

Attraversare il giardino al buio non gli aveva mi dato fastidio, ma questa volta un certo timore aveva cominciato ad assalirla appena fuori del cancello quando, la strada a tratti solitaria e a tratti buia, si apriva davanti a lei come un tunnel pieno di mistero.
Camminava per la strada girandosi ad ogni passo come se già immaginava che presto le sarebbe successo qualcosa di terribile. Cercava di passare sempre nei tratti dove c'era più luce ma, quando dovette imboccare il vialetto non illuminato, la paura le impedì di muoversi, era bloccata, non riusciva a camminare per il terrore.
Ela, una ragazza di 16 anni, aveva sempre percorso quella strada per andare al bar dove lavorava senza paura ma, ora, ora era terrorizzata all'idea di dover camminare da sola in quella strada buia e deserta.
Ma la sua paura era più che fondata: un vampiro la stava seguendo da quando aveva lasciato la casa. Ela era giovane e bella ma molto esile, una facile preda, dunque, dei vampiri.
Finalmente si decise ad imboccare il vialetto, ma proprio in quel momento il vampiro uscì allo scoperto; la bloccò e poi le morse il collo succhiandole tutto il sangue senza lasciarne nemmeno una.
Quando ebbe finito, il vampiro se n’e andò lasciando Ela a terra. Dopo il ritrovamento del corpo ci fu una breve indagine ma il caso fu archiviato per mancanza di prove, nessuno riuscì mai a capire le ragioni della misteriosa morte.
Ambra Francucci

14.01.2002
Sono un ragazzo di Rocca San Casciano, ridente località collinare della provincia di Forlì e volevo segnalarvi una storia che, almeno da parte mia, ha trovato una clamorosa smentita.
A Rocca, nel parco pubblico, esiste una vecchia costruzione che viene chiamata "La Colonia", in quanto ospitava dei ragazzini durante la stagione estiva. In un'estate di diversi anni fa, si dice che una bambina sia disgraziatamente caduta nel fiume sottostante, morendo annegata.
Il fatto esoterico: Durante le notti di luna piena, allo scoccare della mezzanotte, chiunque si trovasse nei pressi della casa, udirebbe, a dire di alcuni miei compaesani, la bambina piangere e, di sottofondo, rumore di catene rimanenedo stordito.
La mia esperienza: Era l'anno 1988 ed era un sabato sera di metà luglio, sul tardi. Io ed altri due miei amici eravamo nella parte retrostante la Colonia a far due chiacchiere in attesa che si facesse mezzanotte a sedere su una vecchia panchina e non accadde assolutamente niente, ma io vi chiedo di verificare comunque questo fatto della bambina perchè è una storia che gira da molto tempo (faccio notare che la struttura è in disuso dalla fine degli anni ' 60).
Un saluto e a presto

08.09.2001
IL Mazapegul
Lo studioso Giovanni Fantaguzzi, in una cronaca cesenate del 1400, racconta di un folletto innamorato di una giovane massaia e dei dispetti che era solito procurare al suo catino. Il mazapegul si innamora delle giovani di casa, le insegue, scompiglia loro i capelli, si insinua sotto le sottane, salta sui letti impedendo alle fanciulle di respirare; è geloso, vendicativo; lascia orme di gatto, vive in camera da letto, nelle stalle, dove disturba gli animali. Indossa un berrettino rosso che appoggia sull' orlo del pozzo di casa quando è in procinto di entrare; è invisibile ma, talvolta, può mostrarsi. Spesso si associa la sua presenza al vortice del vento "e fulet". Numerosi gli accorgimenti prodotti dagli abitanti delle campagne per tenerlo lontano dalle abitazioni : dal forcone posto sotto al letto o nelle stalle, all' inevitabile ricorso al sacerdote-esorcista capace di riportare la perduta tranquillità all' interno del focolare domestico.
Angela Barlotti

08.09.2001
L'indistruttibile Ponte del Diavolo

Molti riminesi avranno sentito nominare l'antico Ponte di Tiberio con l'appellativo di "Ponte del Diavolo"; anche la tradizionale Festa del Borgo di San Giuliano diede vita ad alcune manifestazioni legate a questa insolita nomea dell'antico ponte romano. Una delle iniziative più eclatanti fu l'esposizione di un imponente carro mascherato da diavolo, posizionato all'imboccatura del ponte. L'appellativo è legato al mito di indistruttibilità di cui nei secoli il Ponte di Tiberio si è fatto scudo. Iniziato dall'imperatore Augusto nel 14 d.C. fu completato dal figlio Tiberio nel 21d.C. Dal suo ultimo costruttore, questo mirabile esempio di tecnica romana, prese il nome e si rivestì della leggenda che ancor oggi accompagna le sue millenarie pietre. Ci vollero ben sette anni a Tiberio per portare a terminare la costruzione del ponte di Ariminum, iniziata dal padre. Durante questi anni, risultò molto difficile riuscire a continuare l'opera. I lavori procedevano molto a rilento perché ogni qual volta che si costruiva un nuovo pezzo del ponte questi crollava o comunque non riusciva bene. Sembrava un'opera edilizia destinata a non vedere mai la luce e a minare la gloria dell'imperatore fin quando egli, dopo aver pregato invano tutti gli dei giocò l'ultima carta rimastagli e interpellò l'unico essere soprannaturale che poteva metterci lo zampino. E ce lo mise davvero. Tiberio invocò il diavolo e, pregandolo di venire in suo aiuto fece, con il signore dell'oscurità il seguente patto: egli avrebbe costruito il ponte ma in cambio si sarebbe preso l'anima del primo che lo attraversava. All'imperatore non rimase che accettare e il diavolo si mise subito all'opera. Il ponte fu costruito nel giro di una notte; bello, solido e imponente, stava lì, ad aspettare che lo si attraversasse. Venne il momento dell'inaugurazione e il corteo ufficiale era pronto per la parata quando all'imperatore venne in mente come liberarsi di quello scomodo patto col diavolo. Tiberio ordinò che, in segno propiziatorio, prima di tutti, sul nuovo ponte, dovesse passare un cane. Così fu fatto e il diavolo, che aspettava la sua anima sull'altra sponda del ponte, rimase a bocca asciutta. Satana, schiumante di collera per essere stato buggerato così malamente, decise di vendicarsi all'istante e buttare giù il ponte di Tiberio. Calciò più volte con ira sulla pietra da lui posata, ma niente da fare. L'aveva costruito indistruttibile e nemmeno lui poteva distruggerlo. Così se ne dovette andare... con le pive nel sacco, ma a testimonianza di questo episodio rimangono alcune impronte caprine impresse su di una delle grosse pietre poste all'inizio del ponte sul lato che guarda la città. C'è di vero che questo ponte romano si è guadagnato la fama d'indistruttibile rimanendo in piedi per quasi venti secoli, sopportando per tutto questo tempo il via vai del traffico cittadino e assolvendo "senza fare una piega" alle sue quotidiane funzioni. Molti nel corso della storia vi arrecarono danni o tentarono di abbatterlo, inutilmente. I bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale si accanirono particolarmente con questo importante ponte di comunicazione ma non riuscirono a scalfirlo. Che sia veramente opera del diavolo?
Angela Barlotti

08.09.2001
La leggenda dei frati... lazzaroni
La leggenda di cui parliamo oggi è collegata con la storia del Convento delle Grazie. Sempre di questo luogo e soprattutto dei suoi frati si parla; le zone prese in considerazione da questa antica leggenda popolare sono Covignano e Rimini... legate tra loro da un misterioso destino, più che altro da misteriosi quanto intriganti cunicoli: le famose "gallerie dei frati di Covignano". Come sia nata questa diceria non ci è dato saperlo, ma una cosa è certa in fondo a ogni credenza vi è sempre del vero; difatti esistono realmente una serie di gallerie sotterranee scavate nel terreno sabbioso su cui tutti camminiamo da secoli che partono dalla zona del Santuario Mariano più conosciuto della nostra città e arrivano fino alla medievale Piazza Cavour. Il fatto che andremo a narrare questa volta non può essere né totalmente smentito, né pienamente confermato, come leggenda vuole. Posso ricordare che fin da bambina ho sempre sentito parlare da amici e parenti, della storia dei frati che nel Medioevo, dal Colle di Covignano scendevano di notte fino in città attraverso gallerie segrete e sbucavano in piazza nientemeno che... per rapire le fanciulle! Come ogni buona storia piena di mistero, intrigo e colpo di scena che si rispetti, la nostra poteva svolgersi solo nel Medioevo, tempo oscuro in cui tutto si poteva se coperti da una tonaca o da una ricca veste. Qualcuno della zona mi ha detto che vicino ai frati ci sono delle grotte, da bambino le andava a esplorare ma non è mai riuscito a scoprire dove portano perché sono state murate. Chi dice sbuchino in piazza dalla Fontana della Pigna, chi dalla statua del papa; queste misteriose e forse, antichissime grotte sotterranee lunghe chilometri, fanno ormai parte dell'immaginario riminese. Probabilmente furono usate dai signori della città per scappare e rifugiarsi al sicuro in caso di pericolo, oppure... "La fanciulla nella candida veste da notte fu sollevata dal suo letto da due braccia possenti e massicce. Il frate più anziano la portava tra le braccia abbandonata in un sonno senza sogni e uno più giovane dall'aria piuttosto spaventata, lo seguiva da vicino tutto trafelato, guardandosi intorno continuamente in modo circospetto. Era notte inoltrata e il buio della medievale "Piazza dé Revenderoli", oggi conosciuta come Piazza Cavour, favoriva bene quegl'inconsueti rapitori che lesti, s'infilarono da una porticina laterale nell'antica chiesa di S. Silvestro, anticamente situata nella zona centrale della piazza, dove oggi sorge la statua di Paolo V (creduto da tutti S.Gaudenzo patrono della città). Lì, attraverso una botola segreta si calarono giù per una rudimentale scala di pietra e portarono il loro prezioso carico lungo una galleria scarsamente illuminata da qualche torcia che sembrava non finire mai. Camminarono per parecchio tempo sottoterra, attraversando tutta la città. Il passo di fratel Bartolomeo era rallentato dal peso dell'imponente mole, degli anni e del dolce fardello, ma nonostante i segni di evidente affaticamento dell'anziano frate, il più giovane Adalgiso si rifiutò di aiutarlo. Egli era già abbastanza terrorizzato per l'aver dovuto prendere parte a quell'ignobile ratto clandestino. Era stato scelto dal suo superiore e non aveva potuto rifiutarsi, ma non voleva sporcarsi le mani ulteriormente. Stava ancora redarguendo il suo compagno d'avventura sui poteri della collera divina, quando arrivarono in vista dell'uscita di quella tetra galleria. Si mossero furtivi nel buio del giardino, poi aprirono una pesante porta di legno per ritrovarsi in uno scantinato buio e maleodorante, pieno di botti e barili vari. Dalle cantine risalirono verso i corridoi del convento e finalmente si ritrovarono in una delle sale con il soffitto dalle volte a crociera. Lì dentro li aspettavano un gruppo di confratelli che alla vista dei due esclamarono in coro "In nome di Dio, ce l'avete fatta anche questa volta! Bravo fratel Bartolomeo!" ed egli oramai esausto posò la ragazza sulla prima panca che gli capitò sottomano. Un frate dalla faccia rubiconda e la tonsura spelacchiata, le tirò su la testa e le fece bere una strana mistura da una ciotola di legno; a causa di questo movimento repentino la cuffia che le ricopriva il capo, evidentemente allentata, scivolò via e scoprì una fluente massa di capelli rossi. "Ah, sventura!" urlarono i presenti. La giovane, ancora intontita dalla sostanza soporifera che le avevano fatto inalare, si rinvigorì un poco con quella bevanda dal sapore rinfrescante e incominciò a stropicciarsi gli occhi. In quel mentre, una voce possente si alzò sopra il brusio di tutte le altre presenti nella sala ed esclamò "A quanto pare, questo anno avremo una Vergine dai capelli fulvi! Stolti! Vi siete andati a cercare la malasorte con le vostre istesse mani!". Padre Severo, l'Abate del convento, era entrato all'improvviso nel refettorio e li aveva colti sul fatto. Il povero Adalgiso tremava tutto come un coniglio, improvvisamente si prostrò ai piedi dell'Abate chiedendo umilmente perdono e strillando "L'avevo detto io che non era cosa da fare! Io non volevo, Padre... lo giuro, non volevo!". L'alta e magra figura di Severo si abbassò quel tanto che gli permise di toccare la testa del giovane novizio con aria paterna e comandargli di alzarsi "Alzati figliolo, so come si sono svolti i fatti... è un ben noto e triste racconto il tuo, ma io porrò fine a questa pericolosa tradizione che dura già da troppi anni, prima o poi ci porterà guai seri con gli abitanti di Rimini. Iddio ha voluto che sceglieste la giovine sbagliata per avvisarvi del suo malcontento. Questo è un funesto presagio...i capelli rossi sono il simbolo delle forze del male, portano iattura. Un simile affronto proprio dentro le mura del nostro sacro rifugio. Via, via! Beneditela e portatela via! Questa fanciulla non è amata da Dio e non potrà mai impersonare la Vergine Maria". Intervenne fra Bartolomeo più contrito che mai "Ma... Padre, come faremo a rappresentare l'avvenimento che ricorda il miracolo dovuto alla Madre di Dio e a cui dobbiamo la nascita del nostro convento, senza l'aiuto di una fanciulla vergine? Domani è il giorno della ricorrenza e come ogni anno, la giovane prescelta dovrà impersonare la Vergine Maria nella nostra sacra rappresentazione commemorativa. Agilulfo e Zenobio non stanno nella tonaca, all'idea d'impersonare gli angeli che apparvero al pastore Rustico, in questo bosco. Chi impersonerà la Nostra Signora delle Grazie?" "Una statua!" rispose quello con fare deciso "una bellissima statua lignea che ho già commissionato a Mastro Agostino. Domani, al cantar del gallo verrà condotta qui al convento, mentre voi - puntò il dito verso i due rei - stanotte, riporterete questa fanciulla nel suo letto. Frate Anselmo le farà bere la sua "pozione della scordanza" come alle altre figliole e non ricorderà niente. Porrò fine a un sacco d'insulsaggini, come quella di celebrare questa nostra bellissima rappresentazione vivente in forma segreta. D'ora in poi tutta la cittadinanza verrà invitata ad assistere al nostro evento e potremo chiedere a chi vorrà di parteciparvi. Se vorremo nuovamente una giovane a impersonare la Vergine Maria saranno lei e la famiglia a dare il proprio consenso e tutto si svolgerà alla luce del sole, ma soprattutto sotto gli occhi di Dio. Così sia." e così venne fatto; per tutti i secoli a venire, anche se... quelle famose gallerie che uniscono Covignano con il centro di Rimini furono usate ancora, per chissà quanti scopi. Noi abbiamo dato solo una possibile versione dei fatti. Chi ci dice che non sia andata proprio così? A Rimini tutto è possibile!
Angela Barlotti

08.09.2001
Crustumium L'atlantide romagnola

Della mitica città sommersa nel mare di Cattolica si parla ormai da diversi secoli, ma sembra rimanere per tutti un evanescente miraggio. C'è chi afferma di averla vista e di questo troviamo autorevoli testimonianze sin dai primi secoli dopo il mille, e chi dice senza dubbi che è solo una montatura, una leggenda popolare e tra questi troviamo personaggi altrettanto credibili quali studiosi e archeologi dei nostri tempi.
Rimane il fatto, tremendamente affascinante, che da centinaia di anni, moltissime persone che hanno solcato le acque nei pressi di Cattolica, giurano di aver visto sott'acqua a poche miglia dalla costa, soprattutto con il mare calmo e la bassa marea, resti di mura e di torri. I pescatori e tutta la popolazione della zona sostengono che si tratti di una millenaria città sommersa da un cataclisma. I primi affermano di aver più volte agganciato le loro reti in mastodontici macigni e alcuni sommozzatori si sono trovati davanti ai loro occhi attoniti una intera città sotto l'acqua. Mura possenti, torri, statue e palazzi dagli eleganti colonnati, sembra possedesse la mitica Crustumium. Questo il nome originale dell'ipotetica città sorta vicino all'omonimo fiume da cui prese il nome, oggi conosciuto come Conca. Esistente già nel V secolo perché citata da un autore latino di quell'epoca, l'antica città fu sicuramente distrutta da un cataclisma naturale, molto frequenti a quei tempi. Probabilmente tutta la costa di allora subì un mutamento geologico e s'inabissò. Subì la stessa fine della sua gemella d'oltreoceano, la ancor più mitica Atlantide, ma se di questa rimangono solo racconti leggendari racchiusi nella fantasia di ogni uomo, della sua sorella romagnola testimonianze molto tangibili accerterebbero la sua possibile esistenza. Innanzitutto la vicina zona costiera è conosciuta come terra di abitati romani, lo stesso mare ha frequentemente restituito alla luce diversi reperti oggi custoditi nel pregiato Antiquarium di Cattolica, a sua volta antico vicus romano. Quindi il luogo imputato è fortemente sospetto. In secondo luogo, ma non di minor importanza, ci sono le numerose ed equivalenti testimonianze umane perpetuate da ieri a oggi: tutti quanti, studiosi o semplici curiosi, dicono di aver scorto sott'acqua alla profondità di mezzo braccio, resti di mura e di torri. Da allora si è sparsa la credenza che in quelle acque così vicine alla costa, nei tempi antichi sia sprofondata in mare una città conosciuta comunemente con il nome di Conca. Sulle cause disastrose che la fecero scomparire ai nostri occhi, oltre alla più accreditata ipotesi del terremoto, c'è chi sostiene, traendo spunto da un'altra lontana leggenda orientale e dalle numerose presenze di anguille giunte dalle valli di Comacchio in Adriatico (almeno nel'600), che il cataclisma avvenne per opera dell'uomo, il quale tagliò via un monte per aprire un canale di sbocco per i pesci, e il mare si mangiò tutta la zona. Affascinante realtà o miraggio collettivo, rimane ancora un mistero da scoprire... un mistero che ha veramente dell'incredibile, un mito che si fonde in leggenda e si perde da secoli tra le onde del mare Adriatico, a due passi dalla famosa Riviera della Notte. Può rimanere solo leggenda? Alcuni anni fa, un paio di amici che praticano immersioni, mi hanno raccontato di aver visto nel mare vicino a Cattolica dei resti di un'antica città sommersa, davanti a loro si trovavano torri, mura, colonne, statue e palazzi. Non hanno avuto dubbi e si portano ancora questa coinvolgente esperienza nella memoria. Chissà... un altro miraggio collettivo, frutto della fervente fantasia dei romagnoli?
Angela Barlotti

08.09.2001
Caterina Sforza e l'orgoglio padano

Non è certo che fosse Lorenzo il Magnifico a ordire la congiura che costò la vita a Girolamo Riario signore di Imola e di Forlì. Dieci anni dopo la congiura dei Pazzi che avrebbe dovuto condurre Firenze sotto Sisto IV, suo nipote Girolamo Riario veniva trucidato dalla famiglia Orsi. La moglie Caterina, incinta di sette mesi, venne fatta prigioniera, ma con uno stratagemma riuscì ad asserragliarsi in una rocca rimastale fedele. I congiurati minacciavano di uccidere i figli di Caterina che avevano tenuto in ostaggio: ella, che stava riposando, uscì in camicia, coi piedi scalzi e i capelli sciolti. Ritta sui merli del castello ascoltò i congiurati e i propri figli Ottaviano e Cesare che la imploravano di arrendersi per evitare loro la morte. Caterina li osservò, sollevò la tunica agitata dal vento e gridò: "Ho qui lo stampo per farne degli altri!". La fierezza di Caterina era quella che aveva meritato al suo bisnonno Muzio Attendolo di Cotignola il soprannome di Sforza. Il figlio di quest'ultimo, che aveva sposato la figlia di Filippo Maria Visconti, di nome Bianca, era divenuto, dopo la breve parentesi della Repubblica Ambrosiana, Duca di Milano.Caterina, illegittima, nacque da Galeazzo Maria Sforza durante il regno di Francesco. Della bellezza altrettanto leggendaria di Caterina vi è un'eco nella Madonna col bambino in trono, Angeli e Santi che si può vedere fra i begli stucchi del coro della Chiesa di Santa Maria degli Angeli a Brisighella. Questa cittadina dette i natali a Dionisio Naldi, che fu comandante di tutte le fanterie della Repubblica di Venezia nel periodo felice nel quale (sembra incredibile!) sulle rocche della Romagna sventolava il Leon rosso e oro, fu anche al servizio di Caterina: e a Brisighella si dice ancora oggi che Marco Palmezzano dipingesse il volto della Madonna ritraendo Caterina Sforza. Il quadro, dove la delicatezza e lo splendore del viso lasciano veramente capire quale fascino potesse esercitare Caterina, fu dipinto nel 1520, 11 anni dopo la sua morte. Ancora vivo doveva essere il ricordo nella mente del pittore che certamente la conobbe alla corte di Forlì e che le era coetaneo. Caterina era "di gran statura, bianca e colorita, bellissima e generosissima" riporta un cronista fiorentino registrando la sua morte. Caterina ebbe come secondo marito Giovanni De' Medici il popolano. Il figlio che gli diede, Ludovico, si chiamò poi, dopo la morte del padre, Giovanni e passò alla storia col nome di Delle Bande Nere. Famosissimo e coraggiosissimo soldato trovò la morte dopo la battaglia di Governolo che vide trionfare i Lanzichenecchi imperiali di Görg von Frundsberg, il più grande soldato del mondo, caro alla memoria dei patrioti europei. Il figlio di Alessandro VI, Cesare Borgia detto il Valentino, calò sulla Romagna nel 1499. Caterina si difese strenuamente ma infine, asserragliata nella Rocca di Ravaldino, dovette arrendersi dopo 16 giorni di assedio. Prigioniera fu condotta in catene d'oro a Roma in Castel Sant'Angelo, del quale era stato governatore il suo primo marito: vi rimase un anno e mezzo. Alessandro VI (Papa del quale si dovrà un giorno cessare di ripetere le trite sciocchezze e far di nuovo splendere la grande figura di teologo), che aveva tenuto a battesimo il suo primo figlio, le concesse di raggiungere Firenze, di cui era cittadina. Qui, conducendo infine una vita estremamente devota, morì a 46 anni, il 28 maggio 1509. La sua fama è tuttora vivissima in Romagna dove i racconti si intrecciano sulle sue conoscenze farmaceutiche, alchemiche e magiche, discepola del misterioso speziale di Forlì Ludovico Albertini; sulla sua spietata crudeltà nel vendicarsi della morte del primo marito, ma soprattutto di quella del suo secondo compagno (che non sposò), un soldato di Imola. La sua uccisione fu ripagata con torture e stragi persino di donne e numerosi bambini.Imola dedica ora a Caterina una bella e agile mostra curata da Learco Andalò. Documenti originali, dipinti, medaglie, consentono di calarsi in Romagna, alla fine del '400, tra le pieghe della turbolenta vita di Caterina. Spiccano tra gli altri oggetti il meraviglioso ritratto di Lorenzo di Credi già ritenuto raffigurante Caterina (che qui indossa però un abito fiorentino). Un manoscritto mai prima d'ora esposto, contenente gli "experimenta" di Caterina trascritti forse direttamente dai suoi ricettari autografi. Vale veramente la pena di visitare la mostra e ammirare, inoltre, numerose lettere e documenti, originali dell'epoca, che scandiscono e riportano in vita tanti episodi della sua vita. Dipinti del periodo della signoria di Caterina in Romagna, medaglie, ceramiche. Ritratti dei famosi personaggi che conobbe, dal Valentino a Machiavelli. Questa mostra ripresenta organicamente la vita di una donna la cui memoria, come dicevamo, è vivissima in Romagna. Il suo fantasma appare in numerosi castelli e palazzi nei quali visse. Armata di lancia e saettando razzi di fuoco, a mezzanotte, esce dal castello di Piancaldoli, nella valle del Sillaro e nella Rocca di Brisighella dove la si vede a cavallo da un colle all'altro. Innumerevoli volte è stata vista e sentita nel castello di Dozza, presso Imola e di Brisighella nella Rocca.Questa donna bellissima, versata nella cabala e nell'ermetismo (a lei Lucio Bellenti astrologo di Siena dedicò il "De Astrologica Veritate" nel 1498), amante favolosa, spietata fino al parossismo nella vendetta, incapace di provare paura, fu posta nel 1912, colta nell'alzarsi le gonne, a modello nel "Manifesto della donna futurista" coraggiosa, ardita, lussuriosa, guerriera e dedita al futurismo della specie.Ma lasciamo che siano le sue stesse parole a raffigurarcela. Le parole che questa fiera padana rivolse, nel rifiutarsi ancora una volta di arrendersi, al Valentino. Parole da meditare per chi ancora oggi combatte per proteggere la Patria: "E se pur non cedendo le armi, non macchiando con la vigliaccheria il nome mio, dei miei figli e degli Sforza, sarò vinta dalla vostra più numerosa e più potente armata, sappiate che oltre alla stima dei miei soldati mi sarà di conforto il sapere che chi cade sul campo di battaglia non è vero che muoia, poiché la morte nulla può sulla sua memoria".
di Alessandro Ortenzi

08.09.2001
Cari amici, la prima cosa che mi viene spontanea è farvi i complimenti per lo splendido sito dedicato al mistero e all'occulto. Vorrei raccontarvi una serie di fatti inspiegabili che da anni ormai si verificano nella mia città, Massa-Carrara. Dovete sapere che questa è una città non molto grande e perciò le voci si espandono in men che non si dica: nel Viale Roma, una strada principale dove il traffico è abbastanza intenso, ogni notte, o quasi, appare una bellissima figura di donna che ha tutt'intorno un'aurea iridescente di luce bianca. Molti giurano si tratti di una presenza celestiale, benefica e che non ha nulla a che vedere con fantasmi e figure spaventose o inquietanti. Tra le tante testimonianze una in particolare mi ha colpito, quella di un signore sulla quarantina che racconta "Quella sera, saranno state sì e no le undici e mezza, stavo tornando a casa dal lavoro quando ho scorto sul lato della strada una donna molto bella e sorridente che chiedeva un passaggio. Io mi sono fermato e l'ho fatta salire: era vestita di una tunica bianca e ai piedi aveva dei sandali color argenteo.Ho fatto in tempo a scorgere il suo viso delicato e luminoso che mi ritrovai a guardare nel vuoto..."
L'uomo dopo ha aggiunto che di fianco a lei tutto gli sembro calmo e avvolto in una nube di serenità...

08.02.2001
Guardai l'orologio e il quadro degli orari, mancava ancora mezz'ora all'arrivo dell'intercity da Torino. Ero giunto alla stazione di S. Lucia con molto anticipo perché mi sentivo veramente in ansia. Volevo avere il tempo di prepararmi, diciamo così, spiritualmente, per dominare l'emozione, per mostrare sicurezza. Sapevo che quando si passa dal virtuale al reale la delusione può essere profonda, come in chat ripetevano tutti e come avevano scritto anche molti giornali. E questo, in fondo, era un po' quello che mi aspettavo. Ma volevo, per quanto mi riguardava, dare il meglio di me, preferendo, naturalmente, essere io deluso di lei, piuttosto che lei di me.
Non sono mai stato uno di quelli che, appena contattano una donna in chat, non desiderano altro che incontrarla. Ho sempre pensato che il mondo virtuale consenta fantasie, sogni, abbellimenti che la realtà non può in alcun modo possedere. Però con lei, con Melba35, ormai chattavo da tre mesi. Ci eravamo detti tutto di noi.
Io sapevo che lei aveva quarantasette anni, che lavorava in una grande azienda, con incarichi anche importanti, che era divorziata, che aveva un figlio e che viveva da sola.
Continua


27/12/2000 ore 12.20

Si era smarrito nella tormenta, su questo non aveva alcun dubbio e sua moglie malata era rimasta in casa, sola, al freddo, ad aspettare il suo ritorno. Si era stato imprudente anche troppo, ma in casa era finita la legna e lei aveva bisogno di stare al caldo, così era uscito, aveva messo il giaccone pesante, preso la ascia da boscaiolo e nonostante non si vedesse a pochi passi si era avviato nel bianco e gelido turbinare. Poco fuori di casa un tratto ghiacciato lo aveva tradito, un lungo lento scivolare per il declivio e poi l'urto contro un masso. Aveva perso i sensi, forse per poco tempo ma sufficiente per far si che il cielo scurisse ed ora non sapeva in che direzione era la casa, con la notte il gelo sarebbe aumentato e di sicuro non sarebbe arrivato al mattino, ma non era questa la sua preoccupazione maggiore, bensì quella per la donna che avrebbe atteso a lungo sino a morire anche lei in quella casa sperduta ed ormai gelida. Cercò di capire dai segni sulla neve da quale parte fosse scivolato, ma il breve tempo di incoscienza e la tormenta rabbiosa avevano già cancellato ogni traccia, aggirarsi freneticamente come stava già facendo sarebbe servito solo a peggiorare la situazione, oltretutto la notte si avvicinava rapidamente ed il fioco luccichio delle stelle non l'avrebbe aiutato di certo a ritrovare la strada...... Continua
DUCA LUCIFERO

25/10/2000 ore 20.10

Matera…città, credo conosciuta da molti cittadini di questo pianeta, in apparenza sembra una città …come tutte le altre,…ma…sino a che punto?…molti di voi si chiederanno!!!! …ah!!!! Dimenticavo una cosa abbastanza importante….In questa città, cioè la "mia" città, (mi ha dato i natali…45 anni fa) ho vissuto la mia infanzia , nella casa dei miei nonni materni, posta in una via del centro storico . I nonni e precisamente mio nonno, sin da piccolo ,- come tutti i nonni -, ha iniziato a raccontare le favole come si fa con tutti i bambini …per tenerli buoni!!! Fra le tante favole che mio nonno mi raccontava, c'è ne una, che non definirei propriamente tale, poiché era più che altro una segnalazione che lui mi faceva ogni volta che passavamo per una zona …allora periferia di Matera…(ora quasi centro!!!) "Vedi"…mi diceva,…in quella casa dalle finestre annerite dal fumo,….c'è il "diavolo"!!!!! A quell'epoca consideravo quanto mi diceva mio nonno, come un'arma per intimorirmi…e farmi stare buono…(da piccolo devo ammettere, sono stato abbastanza vivace ma simpatico e mai scostumato, come del resto tutti i bambini di quell'età!) Man mano che sono cresciuto, questa segnalazione è andata sempre più enfatizzandosi, tanto da avere conferma da mio padre (che purtroppo ora non c'è più…!!!) il quale aggiungeva che quella casa, era (ed è. A tutt'oggi ) chiamata …"il Casino del diavolo", in quanto, mi diceva che, tanto ma tanto tempo fa,….passando nelle vicinanze della casa ,…si sentiva suonare una musica ……!!!!! Sarà vero!!!????? Resta comunque il fatto che il buon 90% dei materni …CREDE a questa …leggenda, tanto da indurre un operatore turistico (mio amico ristoratore…da generazioni) ad aprire un ristorante denominato appunto…………!!!! (non scrivo il nome per non fare pubblicità). Il Ristorante sorge attualmente a pochi metri da quella "casa" dalle finestre annerite dal fumo…che nonostante oggi non esista più…c'è gente che ogni volta che passa di lì…sente ogni tanto le note di una musica……MISTERIOSA!!!!!
VITO PAPAPIETRO (Matera)

15/10/2000 ore 20.51

Somma Vesuviana(Napoli) fittasi villa ( cosi' e' scritto fuori al > cancello), ma a quanto pare essa non e' cosi' tranquilla come puo' sembrare, infatti qualcosa di strano avviene. tutte le persone che volevano fittarla sono scappate la prima notte, perche' volava di tutto: piatti, bicchieri, stoviglie, pentole ........, insomma una guerra invisibile. ancora oggi in data 15/10/00 nessuno osa avvicinarsi .
Suggestione, oppure fenomeni paranormali? lascio a voi la scelta .
Paolo R. (Napoli)


14/10/2000 ore 17.10

E' passeggiando tra le vie di Roma , tra i suoi vicoli silenziosi, tra le piazze mute della notte profonda che puoi sentire………… E' solo allora che Roma stessa non ti distrae, non ti inganna la mente con i suoi rumori e il suo frastuono. E' quello il momento in cui anche il romano distratto ritrova la sua magica città. Scanzonato ed ironico, irriverente e dissacratore scorda i suoi misteri, i suoi morti, i suoi spiriti. Roma bella dalle luci soffuse, con un po' di umidità e un filo di vento. Camminando immerso in privati pensieri puoi sentirti improvvisamente urtato da qualcosa che non riesci bene a vedere; può sembrarti di sentirti chiamare; puoi pensare di non essere solo. Roma è abituata ai suoi fantasmi. Quasi non se ne accorge. Forse ognuno ha il suo spirito privato e non ne parla. Eppure…… Eppure passando per Lungotevere Prati nei pressi della Chiesa dedicata al Sacro Cuore del Suffragio ,prestando attenzione, potresti ascoltare e sentire la voci delle anime del Purgatorio che notoriamente visitano quella Chiesa a richiedere ........ Segue>>
Maria Vittoria Pesce ( Roma)

14/10/2000 ore 16.57

Sono Angela, una ragazza di 17 anni che vi scrive per raccontarvi un fatto che mi diceva sempre mia nonna, spero vi possa interessare , mi piacerebbe vedere il mio nome sul portale….scusate la faccia tosta! Allora, mia nonna da bambina viveva in campagna vicino Palestrina, paese vicino Roma. A quei tempi, tanti anni fa, si usava fare il pane in casa e due volte la settimana, le donne della casa si riunivano per cuocerlo. Mia nonna, era molto veloce ad impastarlo e dava volentieri una mano a chi rimaneva indietro. Tra le sue parenti, c'era una zia molto antipatica, che le strillava sempre e quando vedeva mia nonna così brava nell'impasto faceva del tutto per rallentarla. Dopo un po' di tempo, questa zia muore e una bella mattina mentre mia nonna stava facendo il pane, improvvisamente ha sentito delle mani invisibili bloccarle i polsi e cercare in tutti i modi di rovinargli la pasta del pane. Presa da una grande paura, ha pensato subito a questa zia e gli ha detto una preghiera, da quel momento la cosa non si è più ripetuta. Grazie un saluto a tutti
Angela da Subiaco



05/10/2000 ore 13.32

Il mio nome è Francesca e vi scrivo da un paese situato nella provincia di Vercelli. Mi rivolgo a voi per narrarvi il mistero che avvolge un ex stabilimento idroterapico, che sorge a soli due chilometri dal Santuario d'Oropa. Questo stabilimento, fino agli anni ottanta era molto famoso ed uomini illustri vi si recavano per fare le cure termali: purtroppo, nel 1985 fu distrutto da un violento incendio. Le maestranze preposte al controllo dei danni subiti dall'immobile, trovarono all'interno un altare, numerosi disegni satanici e scritte inneggianti al diavolo. Ancora oggi, le persone che abitano nelle vicinanze asseriscono di sentire degli strani rumori e di vedere delle figure misteriose ed incappucciate camminare all'interno dell'edificio. L'unica cosa certa, per quanto mi riguarda, che molti, come me, evitano di passare davanti a questo palazzo infestato tanta è la paura di subire delle conseguenze!
Francesca

30/09/2000 ore 14.12

Questo fatto che sto per raccontarvi me lo narrava molti anni fa mia nonna , che da bambina viveva in un Casale denominato poi degli Spiriti", situato a Roma all'inizio della panoramica su piazzale Clodio. Mia nonna era la figlia del fattore del casale e ci viveva insieme a tutta la sua famiglia agli inizi del 900. Lei affermava di essere l'unica, che percepiva delle presenze strane all'interno della propria abitazione ma non riusciva a spiegarsi cosa in realtà fossero. Si sentiva toccare le braccia e le mani, percepiva un respiro molto affannoso accanto a lei; di notte udiva dei lamenti e dei pianti e voci di un uomo ed una donna che discutevano senza che si riuscisse a comprenderne le parole. Ma il fatto che, malgrado fossero passati molti anni, ancora l'angosciava era che quando andava al letto guardando il soffitto vedeva una mano monca che reggeva un candelabro a 5 braccia!!!! Molti anni dopo, questo casale venne soprannominato degli " Spiriti" ma nessuno ha mai svolto delle ricerche per controllare la veridicità di tali presenze inquietanti.
Anonimo

 



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